30/11/08

Vajont

Qualche giorno fa sono andato in visita alla tristemente famosa diga del Vajont.
La diga terminata alla fine degli anni 50 al termine dei lavori era considerata la diga più alta del mondo con i suoi 264,60 metri di altezza.



Nella foto sopra, si vede l'ingresso della galleria di servizio, lunga oltre 500 metri.


Nell'immagine sopra, i finestroni all'ingresso della galleria.







In questa immagine, si vede
lo scarico di fondo della diga e
la sommità della diga.








Nella foto : La valle del Vajont dal ponte Tubo.

















Sopra: La diga dal
ponte Tubo, a questo punto
si vedono circa 100 metri di diga, dal ponte alla base della diga c'è ancora un dislivello di circa 160 metri.




La valle del Vajont dal ponte Tubo, la cascata che si vede a destra è lo scarico di fondo della diga.











Il ponte Tubo












La diga vista dal ponte.












All'interno della diga,
il tubo passa sotto la frana e
questo tubo ha una portata di acqua verso la centrale di Soverzene di 50 metri cubi al secondo.





La sommità della diga, le rocce che si vedono dietro,
sono della frana che precipitò
nel lago la sera del 9 ottobre 1963 alle ore 22,39.



Il fronte della frana è lungo circa 2 km; la massa precipitata nel lago alla velocità di circa 90 km/h era di 270 milioni di metri cubi di terra e sollevò sopra la diga un'onda di oltre 100 metri fino alle prime case del paese di Casso, poi l'acqua si infilò nella strettissima valle del Vajont 370 metri più in basso e piombò sul paese di Longarone situato allo sbocco della valle a circa tre km di distanza, in un tempo di circa tre minuti; all'uscita della valle il muro d'acqua era alto circa 70 metri.


L'acqua che trascinava con se fra le altre cose, macigni di diverse tonnellate, terra e tronchi d'albero, era preceduta da un vento furioso.
Le vittime della tragedia sono state stimate in 1910, molti corpi non sono mai stati trovati.





La sommità della diga.
La diga ha retto perfettamente
all'urto dell'acqua e in questa foto si vede che solo una minima parte della corona è
stata asportata.






In questa foto si vede la valle del Vajont e in fondo il
ricostruito paese di Longarone.
Le luci che si vedono a destra
sulla montagna, sono i finestroni della galleria sulla strada che da Longarone percorre la Valcellina verso la pianura friulana.
Un pensiero per tutte quelle vittime, sacrificate dalla cupidigia umana.
PS: Nonostante abbia cercato di documentarmi accuratamente, è possibile che sia incorso in qualche errore; nell'eventualita chiedo di scusarmi.












10 commenti:

JANAS ha detto...

quando accadde questa tragedia non ero ancora nata, ma l'ho rivissuta attraverso il racconto del grande Marco Paolini, visto in tv e poi rivisto dopo aver acquistato il cd con la registrazione!
Ora le tue immagini hanno completato ulteriormente l'idea che mi ero fatta di questo disastro, dietro il quale c'è una gravissima responsabilità umana!

Anonimo ha detto...

Sì un pensiero per quelle povere vittime...grazie per averlo ricordato...giò

M.Cristina ha detto...

Mi sembra di sentire solo un gran silenzio, un silenzio basito.

Nicolanondoc ha detto...

Ciao Sileno,non dobbiamo più permettere,come ancora oggi succede, che delinquenti al governo persistano a delinquere.
Un abbraccio

Anonimo ha detto...

Hai fatto un ottimo lavoro Sileno. Ogni volta che ci vado mi assale una grande tristezza e il silenzio che c'e' è cosi' assordante che sembra di rivivere quello che deve esserci stato dopo l'ondata con la desolazione e solo il pianto di chi non c'era e ha perso anche lui una buona fetta della sua esistenza.
Un abbraccio
Dona

Anonimo ha detto...

Anch'io ricordo Paolini e la sua drammatica ricostruzione.

Ed è a quella tragedia che la mia mente va guardando le foto....

Gianna ha detto...

Bellissime foto.

marina ha detto...

Ricordo benissimo quella tragedia. Hai ragione è stata la cupidigia umana a portarsi via quelle vite e non la natura. Le foto sono impressionanti.
grazie, io non avrei mai il coraggio di andarci, marina

giorgio ha detto...

Grazie, molto utile vedere le tue foto e tenere vivo nella memoria il ricordo...

cristina ha detto...

Nel racconto di Paolini la cosa che mi ha angosciato di più sono stati i pensieri che lui descriveva delle persone quando cominciavano a sentire il rumore del disastro e a capire tutto. Descriveva l'emozioni terrificanti quando cercavano di pensare a come raggiungere i propri cari sapendo che non c'era tempo.
Sento ancora i brividi al ricordo della descrizione dell'effetto della forza del vento che gli strappava la pelle di dosso prima che arrivasse l'acqua..

Una preghiera di silenzio per tutti loro