08/11/08

Il villaggio




Questo è il villaggio della mia fanciullezza, sperso fra i boschi. La foto è stata scattata con teleobiettivo che appiattisce le immagini


Leggendo il blog di Marina,"inezie essenziali" mi sono tornate alla mente le scandole.
Le scandole sono delle assicelle di legno di larice larghe una ventina di centimetri per circa un metro di lunghezza e venivano utilizzate per la copertura dei tetti in montagna.
Fra i ricordi nostalgici della mia fanciullezza, uno dei più vividi riguarda i temporali estivi, particolarmente forti nelle ore pomeridiane del mese di giugno, quando usciva dall'inferno la madre di san Pietro, che, secondo le storie che i vecchi mi raccontavano, era una donna malvagia e per questo motivo era finita all'inferno, però in prossimità della festività dei santi Pietro e Paolo riusciva a fuggire, ma quando veniva ricacciata nelle fiamme eterne si ribellava scatenando furiosi temporali.
Durante questi temporali mi piaceva rifugiarmi nel fienile dove era stato accumulato il primo taglio della fienagione ed era una delizia scavare un foro nel fieno ed infilarsi per un sonnellino pomeridiano, anche perché col temporale non c'era la possibilità di giocare all'esterno e non c'era la TV.
Il fieno, che fermentava, emanava dei profumi incredibili, profumo di sole, di fiori, di prati, ma anche di tante fatiche e privazioni e anche serenità.
Allora, nel mio buco avvolto nel fieno , guardavo il tetto coperto di scandole e sentivo la pioggia scrosciante, mentre i tuoni si susseguivano fortissimi facendo vibrare le assi delle pareti ed i lampi si insinuavano fra le fessure a volte accecanti quando la saetta era caduta su qualche abete vicino, però in quel posto mi sentivo protetto ed al sicuro senza nessuna paura.
Altri momenti che ricordo con nostalgia, erano le serate d'inverno, quando per risparmiare la legna si passavano le serate nelle stalle, dove il riscaldamento era garantito dall'alito umido delle mucche e dal fieno che fermentava.
Ricordo la luce di una nuda lampadina da tre candele coperta dalle cacche delle mosche che emanava una luce fioca e giallastra e quando veniva accesa qualche altra lampadina un attrezzo chiamato limitatore (dei consumi), faceva lampeggiare le lampade finché una non veniva spenta.
Nella stalla c'era un odore particolare di fieno, di lettiera, di alito delle vacche, ma non era fastidioso, forse perché faceva parte della nostra vita.
Radunarsi nelle stalle era detto in dialetto: "fare filò" e raramente ricordo ci fossero degli uomini, normalmente erano le donne e qualche bambino; le donne lavoravano a maglia e passavano la serata raccontando gli ultimi petegolezzi della vita in paese, ma il pezzo forte della serata erano le storie macabre.
Queste storie raccontavano di morti ed era credenza comune che quando qualcuno veniva a mancare, pochi momenti prima del decesso, ci fosse un segnale costituito da qualche rumore inspiegabile, una signora raccontava di un giovane figlio deceduto cadendo da un tetto distante dalla casa della madre e questa signora si trovava in camera sua quando udì il rumore di una biglia che correva sopra l'armadio e lo schiocco della biglia caduta sul pavimento, ma per quante ricerche avesse fatto anche in seguito, della biglia non v'era traccia, poi arrivò qualcuno a dirle che il figlio era morto.
In altri casi raccontavano di rumori forti senza alcuna spiegazione, salvo, poi arrivare la notizia di qualche decesso di persone care e distanti.
Altri racconti, che poi ci procuravano degli incubi, parlavano di fantasmi.
Una di queste storie sentita ripetutamente da mia madre, si riferiva al racconto di suo fratello più anziano di lei di una quindicina di anni. Una notte, mentre dopo diversi mesi di lavoro all'estero tornava a casa nel villaggio di una decina di abitazioni in una radura isolata in mezzo ai boschi ed ai torrenti, dunque mentre, percorreva il lungo sentiero nel bosco, in prossimità di una grande quercia, incontrò una signora anziana di un villaggio distante con la quale scambiò poche frasi, perché la signora aveva premura.
Il giorno seguente raccontò l'episodio a mia nonna, meravigliato del fatto che questa signora si trovasse in piena notte così distante da casa sua e mia nonna lo interruppe dicendo che questa signora era morta da diversi mesi mentre lo zio era all'estero, il mistero si infittì quando mio zio raccontò ai familiari della defunta dell'incontro e di come era vestita narrando dei particolari dell'abbigliamento, i parenti riconobbero che la donna, così era stata abbigliata per l'ultimo viaggio.
In seguito a questo racconto da ragazzo, quando mi capitava di passare vicino a quella quercia al buio, allungavo il passo, ma non incontrai mai nessuno.
Questi racconti ci facevano correre i brividi lungo la schiena, mentre le mucche si giravano a guardarci con i loro grandi occhi umidi e miti e quando si giravano si sentiva il rumore della catena che scorreva nel foro della greppia e il rumore caratteristico che producevano ruminando.
Altro momento interessante era quando, frequentemente, le donne toccavano argomenti inerenti al sesso e si arrampicavano sugli specchi alludendo in maniera che i bambini non capissero di cosa si trattava, ma noi tendevamo le orecchie perché sapevamo fin troppo bene a cosa alludevano.
Poi, con il passare degli anni le stalle si sono svuotate, i fienili non sono più ricoperti dalle scandole, ma o coperti da lamiere ormai arruginite, oppure sono diventati seconde case abitate un paio di settimane ad agosto e nel villaggio della mia infanzia, per gran parte dell'anno girano solo le volpi, i cervi, i caprioli e in questi ultimi anni anche i cinghiali, ma raramente gli uomini, solo i ricordi e le fatiche di chi non c'è più rimangono e anche il vento è più triste.

8 commenti:

Angela ha detto...

un pezzo letterario! grazie sileno

M.Cristina ha detto...

Che bello questo racconto!!! Nella prima parte mi hai fatto tornare alla mente odori e sensazioni delle miei vacanze nella campagna lucchese e nella seconda mni hai regalato storie ed ordori, usanze e sensazioni che non ho provato, ma che sono felice di aver vissuto attraverso le tue parole. Un mio grande rimpianto è non poter regalare a mio figlio questo mondo. Impossibile fargli vivere qualcosa che ormai non c'è più. però ora farò una cosa: mi stamperò il tuo post e glie lo porterò a casa, sperando che almeno leggendolo un lieve profumo di fieno arrivi anche a lui.
Un abbraccio e grazie.

Sileno ha detto...

Per Angela: sei troppo buona, grazie, ci sentiamo.
Per Maria Cristina: grazie anche a te, mi fa piacere aver evocato dei ricordi agresti, sono rammaricato di non aver trovato il tuo libro alla Feltrinelli di Bologna, lo cercherò quando vengo a Roma.
Ciao

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Io volevo arrivare qui e dirti qualcosa di originale :-))), ma non posso che quotare Angela.

Un pezzo di vera letteratura; vivi veramente quell'atmosfera, e quella nostaglia finale. Un quadro davvero meraviglioso di quel periodo.

Sono davvero rimasto molto colpito da questo post e dal tuo blog.

Ciao
Daniele

Sileno ha detto...

Ho modificato la foto che rappresenta effettivamente il villaggio di cui parlo, faccio notare che è stata scattata con teleobiettivo e la prospettiva reale è molto più ampia

giorgio ha detto...

I temporali estivi in montagna e al mare sono una delle cose più belle del creato. Senti l'energia della natura e anche l'importanza di avere un luogo o una persona che ti protegge. Quando mio figlio aveva tre anni me lo tenevo in braccio a guardare i fulmini e a sentire i tuoni e non ha mai avuto paura, ma gli piaceva moltissimo essere fra le mie braccia mentre fuori succedeva il finimondo.
Viva la natura! Giorgio.

marina ha detto...

grazie per la citazionee. Ma più ancora grazie per ognuna delle tue parole! Il fienile fa parte dei miei più bei ricordi di bambina!
Tu sei capace di far rivivere tutto un mondo, sei davvero molto, molto bravo.
Penso che la tua anima sia la prima ad essere brava...e la penna la segue
marina

Anonimo ha detto...

storie tra verità e fantasia , Eppure era davvero così.Rimane un po' di nostalgia per cose che ora sembrano legate a lontane credenze ma che hanno fatto parte di noi stessi, anche se ora sembrano inverosimili. Eppure, sotto sotto forse ci mancano, così come la nostra fanciullezza pur così difficile per certi aspetti.
Rileggendo questi scritti ricupero momenti che credevo dimenticati
ciao