01/10/09

a scuola

Ancora ricordi di gioventù pubblicati un anno fa.

Ho frequentato le scuole elementari in un paesino della montagna veneta. Il ricordo dei primi due anni di frequentazione è abbastanza labile, (gli anni incidono la memoria), la maestra la ricordo come una persona anziana, un po' altera e severa che non disdegnava di darci qualche botta sulle dita col righello.


a quei tempi si ignoravano gli abiti firmati


Il primo giorno di scuola mi è rimasto abbastanza impresso, perché una bimba, forse intimidita dall'ambiente nuovo e severo, si era fatta la pipì addosso e a causa di questo episodio è stata oggetto per molti anni delle nostre prese in giro. L'aula era vasta, ma forse le proporzioni variavano rispetto la nostra statura; il riscaldamento era fornito da una stufa di mattoni e per la legna ; primavera tutti i genitori degli scolari dovevano recarsi nel lotto assegnato dalla guardia comunale, tagliare la legna, normalmente rami di larice e portarla alla scuola coadiuvati dai bambini.


la legna è stata tagliata e ora gli scolari la portano in soffitta

Questo era un servizio prestato gratuitamente alla collettività ed aveva anche una valenza pedagogica, poiché già all'età di sei anni, capivamo la necessità di lavorare per il bene comune, era un principio di solidarietà che poi si è perso negli anni successivi quando sopraggiunsero gli anni del boom economico. In terza elementare cambiai la maestra, anche questa era anziana tanto che agli inizi della carriera scolastica era stata anche l'insegnante di mio zio che ora sarebbe quasi centenario. Questa maestra stravedeva nei miei confronti, raccontando in più occasioni che ero stato il più intelligente che aveva avuto come allievo nella sua carriera, non vedo i motivi di questa considerazione, a parte un tema lunghissimo di una ventina di pagine, per il resto sono sempre stato nella media e anche con una resa bassa. Forse l'episodio che l'aveva colpita particolarmente, è riferito ad una poesia intitolata: "la fragola", ignoro il nome dell'autore, ricordo un verso che faceva riferimento ai "colli pistoiesi", la maestra voleva che si sostituisse il termine "pistoiesi" con un termine più attinente ai nostri luoghi e che conservasse la rima, mentre tutta la classe ponzava, a me era venuta immediatamente la sostituzione di "pistoiesi" con "bellunesi", ma mi sembrava troppo facile e poi volevo comprendesse tutte le Alpi e trasformai "pistoiesi" in "alpinesi" anche se sapevo che non era corretto, ma l'insegnante non fu di questo parere e fu così che probabilmente raggiunsi alti picchi, immeritati, nella sua considerazione. Il maestro di IV e poi di V era un personaggio particolare, lo ricordo con i baffetti e la capigliatura alla Hitler, magro, zoppo causa poliomielite e costretto ad appoggiarsi ad un bastone che mai usò come minaccia nei nostri confronti, anche se qualche volta l'avremmo meritato. La malattia avuta da bambino, probabilmente fu per lui una fortuna, perché ebbe l'occasione di studiare e poi la garanzia di un posto di lavoro di gran prestigio come insegnante, mentre il futuro di tutti i suoi coetanei era molto più duro, già all'età di otto anni erano costretti a partire a primavera per lavorare come seggiolai ambulanti, dormire su di un carretto nella paglia, solo quando erano fortunati, trovavano qualche anima buona che consentiva loro di dormire nei fienili e poi umiliazioni, fame, nostalgia, però sempre di grande dignità ed onestà nonostante la miseria. Di queste persone, penso che troverò modo di scrivere. Ritornando al maestro direi che era un grande affabulatore, anche se qualche caduta culturale si verificava ad esempio le piramidi d'Egitto secondo lui erano: di Cheope, di Chefrem e di Chisimaio, solo anni dopo ho scoperto che Kisimajo non era il nome di una piramide, ma era una città della Somalia, invece la piramide era di Mikerinos l'altra di Kefren e non di Chefrem, ma la parola del maestro a quei tempi era verità assoluta. Il suo pezzo forte era il racconto dei "Miserabili" di Victor Hugo, anche se spesso non ricordava più il nome del protagonista e allora gli dava un nome di fantasia. In rare occasioni, arrivava a scuola dopo qualche bicchiere di troppo, e quel giorno era una tragedia, seduto impalato sulla sedia, non proferiva parola e non ammetteva che da parte nostra ci fosse il minimo rumore, ogni tanto qualcuno si metteva a ridacchiare allora smorzava il malcapitato con un perentorio : "giovanotto!" oppure "signorina!" e poi silenzio assoluto. Negli altri giorni , invece , ogni tanto interrompeva lo studio per raccontarci le sue avventure giovanili, in particolare le montagne che ci circondavano erano state traforate durante le due guerre con gallerie scavate a difesa di eventuali invasioni nemiche, ( poi quando nel 1917 veramente accade, non servirono a niente e nemmeno quelle scavate dai tedeschi nella seconda guerra). La seconda guerra mondiale era terminata da pochi anni ai tempi della nostra frequentazione scolastica ed era ancora viva nei ricordi di coloro che avevano qualche anno più di noi. In queste gallerie, secondo il racconto del maestro, si trovavano ancora dei grossi depositi di armi e materiale bellico; e sempre secondo il suo racconto, alcune di queste gallerie erano allagate ed il maestro le esplorava a cavalcioni di un tronco d'albero, nel buio assoluto rotto al massimo da una candela o un ramo resinoso acceso , mentre lui in questo labirinto si muoveva come nel cortile di casa sua con indomito coraggio, mai abbiamo pensato che con la sua infermità non era in grado nemmeno di salire il campanile della chiesa, ma chi poteva dubitare della parola del maestro? Queste gallerie le ho esplorate in questi ultimi tre anni con un gruppo di amici con i quali è in corso una ricerca storica e non abbiamo mai dovuto cavalcare tronchi per attraversare tratti allagati, ma c'erano tante curve e tante scalinate, qualche rarissima voragine e molte dolorose zuccate contro le rocce, certo non usavamo candele e nemmeno torce a resina, in ogni caso in molti punti ci sono delle correnti d'aria così forti che non consentirebbero candele accese. Di quelli anni di scuola ricordo bene, la camicia di cotone nero con l'indicazione della classe frequentata scritta in numeri romani con delle fettuccine bianche cucite sulla manica sinistra come i gradi dei militari, ricordo i banchi di legno a due posti, con i calamai per l'inchiostro e gli intagli di molte annate di scolari a cui contribuimmo anche noi, di nascosto, usando i temperini. L'odore dei libri nuovi, i quaderni con le copertine nere e le tabelline sulla penultima pagina, lo stridere del gesso sulla lavagna, le macchie d'inchiostro e i pennini che avevano la cattiva abitudine di "sforcellarsi" si diceva in dialetto, cioè divaricarsi e scrivere male, la carta assorbente, poi il formaggio giallo della refezione tolto da barattoli con la scritta: "Dono del Popolo Americano degli Stati Uniti", le cartelle erano costituite da una scatola di cartone robusto di colore tra il giallastro e il mattone, munite di due cerniera per aprire la parte superiore da cui si estraevano i quaderni ed i libri, una cinghia per portarle a tracolla e in un triangolo la scritta "pura fibra" e le liti furibonde con i compagni per rivendicare di possedere la cartella di miglior qualità: "perché la mia è pura fibra" si diceva, invece erano tutte uguali, nuove all'inizio dell'anno e poi alla prima neve servivano egregiamente da surrogato allo slittino, anche se si sfasciavano presto e poi a casa sberle! Qualche famiglia non poteva permettersi neppure la cartella di cartone e in tal caso, veniva sostituita da una borsa di stoffa con tracolla, cucita dalla madre, recuperando, normalmente, il fustagno di un paio di pantaloni vecchi e sbrindellati. Ricordo gli sguardi furtivi dalle finestre, quando alla fine di novembre i prati erano imbiancati dalla prima neve e si pregustavano le uscite pomeridiane con la slitta, le prime discese folli dai pendii innevati, le prime di una lunga stagione invernale quando la neve cadeva in abbondanza. Alla fine di tutta la storia, credo che la formazione scolastica, sia stata buona e ci sia servita da trampolino per un futuro migliore di quello che era toccato ai nostri genitori.



e alla fine si gioca sulla neve , si ignorava il freddo e andavano bene pure i calzoncini.

12 commenti:

Luposelvatico ha detto...

...e tu avresti voluto smettere di scrivere, grunt!:-)))
Anche questo post è quasi la sceneggiatura di un film!
Il prof che colora i suoi racconti con dettagli di pura fantasia, come le discese in fiumi sotterranei a cavallo di tronchi...le cartelline usate come slittino, i pennini divaricati, ed altri piccoli infiniti e stupefacenti dettagli...la tua scrittura è evocativa, io le cose che racconti le vedo proprio mentre le leggo!
Non lo sto mica dicendo per celia...ma se mettiamo insieme tutto quello che hai raccontato qui, Ermanno, c'è materiale in abbondanza per un film...e non mi dire che non ti è mai venuto in mente:-))

Luposelvatico ha detto...

...per "tutto quello che hai raccontato qui" intendo ovviamente "nell'intero blog"...

Luposelvatico ha detto...

Un'altra cosa che mi colpisce molto, nei racconti di quei tempi e non solo da parte tua, è la raccolta della legna per la stufa che riscaldava l'aula della scuola: è vero, come dici tu, è un evento simbolo di come una comunità curava il bene comune (penso anche ai forni di paese, ed al pane fatto per tutti, o ad altre forme di cooperazione collettiva).
E penso spesso che sforzarsi di ritrovare ed attuare forme simili di cooperazione tra le persone, coniugate ovviamente al presente, sia uno dei modi per seminare l'idea un mondo diverso da quello di oggi...

Anonimo ha detto...

BRAVO VECCHIO SILENO.
SEI UN GRANDE.
GRAZIE PER NON AVERCI PRIVATO DELLA TUA SAGGEZZA E DELLA TUA POESIA!
Antonio

lodolite ha detto...

e tutto ciò sarebbe "banale"? non scherzare Sileno!
Il dettaglio sul bene comune: raccogliere la legna con la famiglia per la scuola, è un tema che meriterebbe tanta tanta attenzione.
Grazie!
ciao s.

rodocrosite ha detto...

Anch'io da piccina ritenevo il mio maestro infallibile e potrai capire perfettamente la mia delusione quando più grandicella mi sono accorta di alcuni suoi errori; ancora oggi tendo a giustificarlo. E' stato proprio un amore profondo.
Concordo con Luposelvatico: quello che racconti sembra di vederlo come in un film, e poi le foto, fantastiche!

➔ Sill Scaroni ha detto...

Ciao Sileno ...

Sono felice di sapere che tu sta qui ... ;))
Bacio.

Sill

rosso vermiglio ha detto...

Sono contenta del tuo ripensamento riguardo al blog. Diversamente non avrei, magari mai, avuto l'occasione di leggere i post che sai scrivere così bene. Io ti conosco da poco, come ben sai, e trovo che sarebbe stato davvero un peccato se tu avessi rinunciato a questo spazio! La penso come luposelvatico che ha ben sintetizzato il pensiero.

giardigno65 ha detto...

altro che doposci ! Bellissimo !

Stefi ha detto...

Caro Sileno,
leggendoti mi sono a poco a poco venute in mente le mie maestre... sai anche io all'inizio avevo pennini e calamai ed inchiostro..alla migliore della classe toccava il "privilegio" di riempirli versando il nero liquido da un'ampolletta che ricordava un'oliera... mi capitò solo una volta in vita mia!! :-)
Vivendo in città, invece, il bene comune veniva vissuto diversamente..niente forni per il pane o legna per il fuoco della classe (c'erano già i termosifoni..)ma la solidarietà nell'ambito del palazzo o del quartiere quella sì non mancava nemmeno in città...cosa che dovremmo veramente riuscire a ritrovare.
Grazie per i tuoi imperdibili ricordi.
Un bacione.

Sileno ha detto...

@ lupo selvatico:
materiale per un film è decisamente troppo, queste pagine le reputo temi da seconda media, comunque grazie
@ Antonio,
grazie anche a te.
@ Lodolite,
ritornare a qualche vecchia tradizione di solidarietà, potrebbe essere una ricetta per crescere come cittadini, ma dubito che in questi giorni l' educazione civica sia considerata un valore.
@ Rodocrosite,
grazie anche a te, credo che di maestri particolari tutti quanti ne abbiamo avuti, però i loro insegnamenti ci hanno fatto crescere.
@ Sill,
grazie Sill,
ricambio e ti sono sempre grato per la tua grande sensibilità in difesa delle tradizioni dei nativi.
@ Rosso vermiglio,
anche le tue parole sono dolci come il miele, ma come già detto a Lupo credo che qualsiasi studente di scuola media possa scrivere delle sue esperienze allo stesso modo.
Leggo con gran piacere i tuoi post e di continuare a leggerti a lungo.
@ Andrew:
non vorrei offenderti, ma io evito di vincolarmi ai link ed anche ai premi ( mi sentirei imprigionato), passo comunque volentieri a leggerti.
Ciao
@ Giardigno,
grazie, il tuo blog è stato una piacevolissima novità e ti leggo sempre con gran piacere.
@ Stefi,
Io con i calamai e l'inchiostro ho passato tutto il ciclo delle elementari,ma già verso la quarta classe cominciava a fare capolino qualche biro; quella del calamaio e dei pennini resta comunque un'esperienza indimenticabile.
Ciao

Artemisia ha detto...

Ha ragione Lupo selvatico. Io passerei la sceneggiatura a Pupi Avati. Ce lo vedo benissimo.
Bello davvero! Grazie.