Nel mio paese, quando moriva qualcuno, era tradizione partecipare alla veglia funebre.
Normalmente la sera del decesso il corpo del o della defunta veniva sistemato sul letto, coperto da un lenzuolo e la gente del posto andava a porgere l'ultimo saluto.
Di solito la camera adibita allo scopo era la "stua" , cioè la camera che nei freddi mesi invernali serviva da soggiorno e da camera da letto per la persona di maggior rispetto in famiglia, tale camera era riscaldata da una particolare stufa chiamata "fornel", che acceso garantiva molte ore di caldo.
Nella "stua" veniva allestito un tavolino con delle candele accese, una scodella che conteneva acqua santa e un rametto di ulivo che intinto nell'acqua serviva per benedire la salma.
La sera, dopo aver adempiuto ai lavori domestici e aver accudito il bestiame, la gente del paese si riuniva in questa camera e recitava il rosario.
Normalmente la sera del decesso il corpo del o della defunta veniva sistemato sul letto, coperto da un lenzuolo e la gente del posto andava a porgere l'ultimo saluto.
Di solito la camera adibita allo scopo era la "stua" , cioè la camera che nei freddi mesi invernali serviva da soggiorno e da camera da letto per la persona di maggior rispetto in famiglia, tale camera era riscaldata da una particolare stufa chiamata "fornel", che acceso garantiva molte ore di caldo.
Nella "stua" veniva allestito un tavolino con delle candele accese, una scodella che conteneva acqua santa e un rametto di ulivo che intinto nell'acqua serviva per benedire la salma.
La sera, dopo aver adempiuto ai lavori domestici e aver accudito il bestiame, la gente del paese si riuniva in questa camera e recitava il rosario.
Era tradizione che per tutta la veglia funebre e finché non si sentivano le campane della chiesa suonare la fine delle celebrazioni religiose e la sepoltura, nella casa il fuoco doveva sempre rimanere acceso, ignoro i motivi di questa tradizione, anche se sono intuibili e probabilmente provvengono da tradizioni ancestrali.
Veniva recitato il rosario intercalato dai "requem" il testo in latino recitava:
Réquiem ætérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen.
Ma veniva biascicato in dialetto con queste parole:
Rechia meterna donais domine, et luss perpetua lùciatèi, rechiascante in paceamen.
C'è da sperare che il destinatario di queste orazioni, valutasse le buone intenzioni, accreditandole comunque al defunto.
Al calare della notte, la maggior parte delle persone, (quasi tutte donne), ritornava a casa, perchè all'alba bisognava ricominciare il lavoro usuale nelle stalle.
A vegliare la salma rimanevano poche persone per tutta la notte, il numero dei rosari diminuiva, si sentiva il sospiro di qualche anziana che mormorava: Eeeh povera Maria è qua lei , ( o Antonia, o Nena, o Gisa, o...), era così buona e adesso se n'è andata.
Altra vecchierella: Eeeh si, poveretta ! Era proprio tanto buona...
e la terza comare: Eh si , però mi ricordo quella volta che...
E allora, cominciava il rosario delle maldicenze e dei pettegolezzi nei confronti della defunta, fintanto che qualcuna si rendeva conto della situazione e riprendeva con: "Nel primo mistero doloroso si contempla..." e le "rechie meterna".
Questo fino al prossimo: Eeeh povera Maria...
11 commenti:
Grazie per questa storia piene di tradizioni, scritta in modo esemplare.
Complimenti per il tuo blog, davvero significativo e interessante.
Buona giornata!
Ma vuoi dire che c'era un tempo in cui la gente moriva così, naturalmente, come se niente fosse, senza dover chiedere il nulla al Partito delle Libertà?:-)))
errata corrige:
"senza dover chiedere il nulla OSTA al Partito delle Libertà?"
Ciao Sileno, altri tempi ed usanze, anche se devo dire che la veglia funebre si celebra ancora a Napoli, per il resto, i pettegolezzi e varie, sì, me li ricordo, però c'era sempre qualcuno che zittiva, perchè non so ma quando una persona muore sembra sia stata un santa..purtroppo non è così, allora è giusto che si celebri la vita in un modo + decoroso, grazie del tuo bellissimo racconto.
Ti auguro una buona serata.
Sono sempre contento quando si parla della morte in modo semplice e naturale. Credo che non averne paura, quindi poterne anche parlare tranquillamente, sia sinonimo di poter vivere la vita bene.
Ciao, Giorgio.
ecco, caro Sileno, la mamma mi racconta di queste usanze e ancora oggi recita alcune preghiere in quel "latin-veneto" che mi fa sorridere ...
un abbraccio
Alessandra
Ti ho preso con me.
Coesione e solidarietà, quello che vorrei potesse esistere nel profondo.
La foto è bellissima Sileno, è tua?
Ancora oggi si celebra la veglia funebre ed ovvio esistono i pettegolezzi durante il requiem...
E che dirti... grazie... per farci conoscere usi, costumi e tradizioni ormai passate nel "dimenticatoio" in ognuno di noi...e con tale naturalezza le esprimi in modo eccellente.... grazie
Dolce notte e buona domenica bacioni
@ Lara, ti ringrazio dei complimenti, Buona Domenica.
@ Lupo come cambiano i tempi eeh?
@ Riri sei sempre molto gentile, auguro a te e Nicola una bella domenica.
@ Giorgio la morte è sempre un salto verso l'ignoto, un po' di timore c'è sempre, però è un fatto naturale. Ciao
@ Ale mi fa piacere che anche tu conosca il latin-veneto, abbiamo delle radici in comune, come con Luposelvatico del resto. Un caro saluto.
@ Ciao Antonella è da lungo tempo che ti seguo silenziosamente.
Un forte abbraccio e buona domenica.
@ Sa: "coesione e solidarietà" è un bel messaggio che tutti dovrebbero fare proprio.
Mi sono appena consolato col tuo ultimo gattone, riesci a infondere vita alle pietre, con immagini di serenità.
Le foto sono tutte mie, escluse quelle di ambiente tropicale.
Ciao
Fai sentire naturale emeno dolorosa anche la morte con tutti i riti che ci hai raccontato e le voci a cui hai dato un'anima.
Ciao
Daniele
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