Trovare inaspettatamente in libreria il nuovo libro di un amico è motivo di grande soddisfazione, quando poi nel libro si narra anche di episodi che mi toccano da molto vicino, la soddisfazione è ancora più grande; metti poi che il libro tratti di uomini ed alberi, argomento che per un montanaro è la vita quotidiana, l' appagamento raggiunge l'apice.
Il titolo del libro è: "Uomini e alberi" e, nella presentazione, l'autore scrive: " Gli alberi sono presenze vive, segni - spesso antichi - di storie e di memorie".
L'autore è Toni Sirena, giornalista e scrittore, nato in una famiglia di Partigiani, il padre Aldo gestiva l'Agenzia Einaudi e la madre Tina Merlin era la corrispondente de "l'Unità", nota per la sua denuncia relativa al pericolo rappresentato dalla diga del Vajont; le sue deduzioni si rivelarono poi drammaticamente vere.
Il libro fa parte della collana " Percorsi della memoria", Edizioni CIERRE.
Dal capitolo: "Il castagno cannibale", alcuni passaggi:
...questo evento straordinario che si è materializzato sopra una radura di Sitran d'Alpago giusto sull' orlo di un burrone.
Chissà come, un castagno s'è mangiato una bicicletta. La bici è un ferrovecchio, l'albero ha 80 anni. Sono cresciuti insieme, hanno condiviso tempi belli e tempi brutti, giovinezza e maturità, nuvole e cieli azzurri, nevi e siccità.
La bicicletta si è fatta ramo e tronco, l'albero ha avviluppato il ferrame.
Chissà come, un castagno s'è mangiato una bicicletta. La bici è un ferrovecchio, l'albero ha 80 anni. Sono cresciuti insieme, hanno condiviso tempi belli e tempi brutti, giovinezza e maturità, nuvole e cieli azzurri, nevi e siccità.
La bicicletta si è fatta ramo e tronco, l'albero ha avviluppato il ferrame.
...si danno nel paese le seguenti ipotesi. O forse storie.
Storia numero 1.
Il povero soldato andò alla guerra, lasciò la sua bicicletta appoggiata e non tornò più.
Cadde forse ignoto. Il bosco lo pianse e si curò della sua bicicletta, abbracciandosela.
A perenne memoria, è un monumento al milite ignoto.
Storia numero 2.
C'era una volta un contadino che amava le biciclette. Comprarsene una era il suo sogno.
Risparmia e risparmia , riuscì a mettere insieme un gruzzolo e si comprò felice una bicicletta nuova fiammante.
Ci teneva cos' tanto, che non la usava, per non sporcarla, rovinarla. Non la usò mai in tutta la sua vita, ogni tanto usciva di casa a rimirarsela.
Poi morì.
La bicicletta restò lì, lui non aveva eredi, un albero se la prese.
Morale della favola: il contadino conosceva il valore d'uso, ma non il valore di scambio.
Sarebbe come il Pljushkin delle "Anime morte" di Gogol.
Storia numero 3.
Fu solo uno scherzo. Qualcuno prese la bicicletta a un amico e la nascose. Tutto qui. se ne sarà poi dimenticato. O l'aveva nascosta così bene che neanche lui riuscì a ritrovarla. La vittima dello scherzo si sarà disperata assai.
A rigor di logica, nessuna di queste storie è vera.
Non poteva essere né un soldato né un contadino né un burlone.
Perché quella è una bicicletta da donna e non si sono mai visti, ottanta anni fa ( l'età dell'albero quindi anche della bicicletta), soldati e contadini andare in giro con una bicicletta da donna.
Non era un povero soldato, ma una povera donna. Diciamo di più.
Quella donna non era povera, aveva i soldi per comprarsi una cosa all'epoca preziosa...
... qualcuno con la bicicletta è arrivato fin qui, dietro il cimitero di Sitran, sull'orlo del burrone dove vien su una bava dal lago di Santa Croce che d'inverno te la raccomando.
Qui si che puoi diventare una statua di ghiaccio...
Dicono che nelle notti di luna piena si senta laggiù nel bosco dietro il cimitero un cigolio: è l'albero che pedala.
Storia numero 1.
Il povero soldato andò alla guerra, lasciò la sua bicicletta appoggiata e non tornò più.
Cadde forse ignoto. Il bosco lo pianse e si curò della sua bicicletta, abbracciandosela.
A perenne memoria, è un monumento al milite ignoto.
Storia numero 2.
C'era una volta un contadino che amava le biciclette. Comprarsene una era il suo sogno.
Risparmia e risparmia , riuscì a mettere insieme un gruzzolo e si comprò felice una bicicletta nuova fiammante.
Ci teneva cos' tanto, che non la usava, per non sporcarla, rovinarla. Non la usò mai in tutta la sua vita, ogni tanto usciva di casa a rimirarsela.
Poi morì.
La bicicletta restò lì, lui non aveva eredi, un albero se la prese.
Morale della favola: il contadino conosceva il valore d'uso, ma non il valore di scambio.
Sarebbe come il Pljushkin delle "Anime morte" di Gogol.
Storia numero 3.
Fu solo uno scherzo. Qualcuno prese la bicicletta a un amico e la nascose. Tutto qui. se ne sarà poi dimenticato. O l'aveva nascosta così bene che neanche lui riuscì a ritrovarla. La vittima dello scherzo si sarà disperata assai.
A rigor di logica, nessuna di queste storie è vera.
Non poteva essere né un soldato né un contadino né un burlone.
Perché quella è una bicicletta da donna e non si sono mai visti, ottanta anni fa ( l'età dell'albero quindi anche della bicicletta), soldati e contadini andare in giro con una bicicletta da donna.
Non era un povero soldato, ma una povera donna. Diciamo di più.
Quella donna non era povera, aveva i soldi per comprarsi una cosa all'epoca preziosa...
... qualcuno con la bicicletta è arrivato fin qui, dietro il cimitero di Sitran, sull'orlo del burrone dove vien su una bava dal lago di Santa Croce che d'inverno te la raccomando.
Qui si che puoi diventare una statua di ghiaccio...
(foto di Gian Paolo Perona, tratta dal libro)
Dicono che nelle notti di luna piena si senta laggiù nel bosco dietro il cimitero un cigolio: è l'albero che pedala.