30/12/08

2009



...lascia pene, odi, passioni
o natura,pura gioia
nel tuo grembo si nasconde.

(I. Vasov)

A TUTTI VOI AMICI; UN AUGURIO PER UN 2009 SERENO, CHE VEDA REALIZZATI TUTTI I VOSTRI SOGNI E CHE IL NUOVO ANNO SIA L'INIZIO DI UN'EPOCA CHE BANDISCA LA MISERIA E LA FAME, LA GUERRA, GLI INTEGRALISMI ED I FANATISMI, LE MALATTIE ED I DOLORI.

TANTI AUGURI DA SILENO

29/12/08

due riflessioni


Angela http://angelaesiste.blogspot.com/ , nel suo post del 27 dicembre , ci porta ad esempio due religiosi, il cardinale Tettamanzi di Milano e monsignor Bianchi di Bergamo.
Il cardinale Tettamanzi ha messo a disposizione i suoi beni personali e parte dell'otto per mille per una "Chiesa solidale" e senza tante parole ha agito a favore dei bisognosi.
Monsignor Bianchi a Bergamo, nella notte di Natale, ha compiuto un gesto di grande impatto emotivo, dice Angela:" Il Monsignore ha impedito, la notte di Natale, di depositare Gesù Bambino nel Presepe come segno che la comunità non è ancora pronta per ricevere un significato così grande di amore e umiltà perché incapace di riconoscere l'altro, il diverso, il lontano in cui Gesù stesso si riconosce".
Ammiro, da non credente, queste due persone che nel Vangelo ci credono e agiscono praticandolo.

DanieleVerzetti il Rockpoeta, http://agoradelrockpoeta.blogspot.com/ nel suo post del 28 dicembre, tratta di un argomento di tremenda attualità in questi giorni: la guerra nella striscia di Gaza, guerra che in poche ore ha provocato varie centinaia di vittime, scrive Daniele queste parole: "Sono ancora più convinto che adesso, di innocenti, civili a parte, in quella guerra non ce ne sia più nessuno, perchè nessuno di loro vuole davvero la pace e perchè nessuno di loro per averla vuole davvero fare un passo indietro".

Parole terribili, ma vere!

Anziché proclami di guerra, i governanti di quei paesi, dovrebbero parlare di pace e sedersi attorno ad un tavolo per trovare una soluzione.

Dopo decenni di conflitti, le prove di forza sono servite solo a creare centinaia di migliaia o forse milioni di vittime inermi ed il sangue genera odio e vendette che provocano altri fiumi di sangue.

Tendersi la mano, ricostruire, lavorare assieme per il benessere di tutte quelle genti e mettersi alle spalle sangue, distruzioni , odio, e vendette no eh?

28/12/08

ancora...

l'armi son strumenti di sfortuna
non strumenti da saggio...

Queste sono le parole di Lao Tsù, filosofo cinese vissuto nel VI° secolo avanti Cristo.
Ventisei secoli sono passati da quelle parole, ma la saggezza non è ancora entrata nel DNA umano.
In molte parti del mondo, i dissensi si risolvono con l'uso delle armi e chi ne paga il pezzo più alto,sono le popolazioni civili, inermi, affamate e straziate da lutti, malattie e torture.
Noi fingiamo di non sentire l'urlo di disperazione che in molte parti del globo esala con la vita di molti innocenti.
Siamo tranquilli noi, che dopo l'orrendo conflitto negli anni 40 del secolo scorso, siamo vissuti in pace e nel benessere per oltre sessant'anni.
Anche il nostro benessere, però, non è stato conquistato solo con il nostro lavoro, ma è anche frutto dello sfruttamento delle risorse del terzo mondo ed è anche frutto della vendita di armi (e l'Italia è uno dei massimi produttori mondiali).
La vendita di armi per il nostro paese è stata per decenni un'attivissima voce del nostro P.I.L. poi, che decine di migliaia di bambini, di pastori, di contadini, di donne nei paesi in conflitto del terzo mondo, abbiano perso gli arti o la vita non ci toglie il sonno.
In altre terre del Mediterraneo, si è scatenato, in queste ultime, ore l'ennesima guerra, in poche ore, i morti si contano già a centinaia e in massima parte le vittime sono dei civili.

Non è chiaro fra le due parti belligeranti, dove sia la ragione; sicuro è che tutti due i paesi hanno torto.
Tutto questo sangue genererà odio e vendetta e altro sangue innocente scorrerà a fiumi.
Dobbiamo continuare ad assistere distratti a questa carneficina, oppure un'opportuna e forte azione diplomatica unita a degli aiuti umanitari, potrebbe portare il buonsenso fra quella gente.
La grande Europa non ha abbastanza forza per intervenire diplomaticamente ed economicamente in maniera unitaria per trovare delle soluzioni?

Un'Europa che si limita solo a leggiferare sulla curvatura delle banane o sul diametro dei piselli, non è quella la mia Europa.

26/12/08

Ricordi di vita



Questi versi, che mi sono stati inviati da un caro amico d'infanzia, li dedico a tutti gli amici che amano la natura, la gente, la montagna e che riconoscono la fatica necessaria per sopravvivere dove la terra è avara di cibo

Queste parole evocano la vita in un paese di montagna.


RICORDI DI VITA

Il nuovo giorno sembra lontano,
ancora lassù, brillan le stelle,
e già si avvia il quotidiano
con la speranza, di buone novelle.

Tremolanti da fondovalle,
salgon le lampade dei minatori;
ormai si animano le vecchie stalle
qua e là s’odono i primi rumori.

Tra miagolii e rari muggiti
e il calpestio di scarpe grosse,
prendono il via, gli antichi riti
tra sommessi colpi di tosse.

Con amore e grande maestria
già si avvia la mungitura,
aleggia persino, un po’ di allegria
eppur la giornata, sarà certo dura.

Posta la gerla sulle curve spalle,
il secchio sulle braccia stanche,
un ultimo sguardo, alle calde stalle,
e via, per le strade bianche.

Ci sia buon tempo, neve o gelo
la strada sia bella o scivolosa
di fretta, tutte verso il “caselo”(*)
nonna, giovane o sposa.

Corre un saluto un po’ frettoloso,
a casa aspettano, soli i bambini,
ancora il giorno sarà faticoso
e già fumano i primi camini.

Troppe volte papà è lontano,
allora davvero non c’era scelta,
così tutti danno una mano
e bisogna fare alle svelta.

La giornata, ormai si avvia,
ognuno si prodiga nelle sue cose,
man mano, si anima, pure la via
certo, non sono giornate noiose.

Tutto dipende dalla stagione
e la famiglia, sempre si ingegna,
sia in tempi di fienagione
o quando serve fare la legna.

Son sempre giorni di intenso lavoro
per boschi, per campi, per prati
mai trascurando, il giusto decoro
pur nei difficili tempi passati .

Quando poi scendeva la sera
il pensiero correva lontano
e non mancava una preghiera
affinché papà ritornasse sano.

Questa era la vita della mia gente
di seggiolai, contadine e minatori,
ormai finita quasi nel niente
che vive ancora nei nostri cuori.


di D.S.


(*) "caselo" è la latteria

23/12/08

maternità




A fatica la misera madre riscalda il figlio stento nelle proprie braccia.
(E. Karlfeldt)




In questi giorni che convenzionalmente sono dedicati alle feste, rivolgiamo un pensiero e possibilmente un piccolo aiuto ai miseri della terra privandoci di una briciola della nostra opulenza con l'augurio che una più equa distribuzione delle risorse della terra, consenta a tutti una vita dignitosa scevra dalla sete, dalla fame e dalle malattie.
Lavoriamo per un mondo dove anziché l'individualismo ingordo, prevalgano la solidarietà e la giustizia sociale.

15/12/08

Angela esiste



Io ed altri abbiamo incontrato Angela sul Blog. Sua è stata l'iniziativa di un raduno nella struttura del convento di sant'Andrea a Collevecchio.
Il convento è stato ristrutturato in maniera splendida dai volontari di "Progetto continenti", che, con grandi sacrifici personali, ma fortemente motivati da ideali umanitari di aiuto e comprensione fra i popoli, ci hanno offerto un'accoglienza stupenda.
Le camere, dotate di servizi privati, sono spartane, ma linde ed accoglienti e nel silenzio e nella serenità, il sonno è ristoratore, le preoccupazioni personali rimangono all'esterno.
Un applauso particolare va alla cucina, grazie alla grande passione e al lavoro profuso generosamente da Titti e Steffy con la collaborazione di Alessandro: abbiamo mangiato degli ottimi piatti di alta qualità seguiti da una torta deliziosa preparata dalle tre giovanissime Elisa, Giulia ed Emily, in un refettorio accogliente, illuminato da un grande affresco della scuola del Carracci.
Il maltempo che da diversi giorni imperversava sull'Italia con allagamenti e morti a Roma, ha creato delle grosse difficoltà a diversi amici bloggers che dovevano raggiungerci a Collevecchio, in serata erano arrivati da Torino: Marco, Stefi e Mimmo, tre belle persone di grande sensibilità e con loro, in pochi attimi, abbiamo legato come amici di vecchia data.
Daniele Verzetti, il Rockpoeta, ci ha procurato vero godimento e momenti di rara intensità emotiva con la recitazione di alcune delle sue poesie davanti ad un caminetto in cui ardevano i ceppi . Grazie Daniele, con l'augurio che le tue opere, che scrivi col cuore, ricche di spiritualità ed umanità diventino patrimonio di tutti coloro che in un uomo vedono un fratello.
Il giorno successivo siamo stati raggiunti da Silvia e Roberto, Elena con la figlia e via via altri amici di cui non sono riuscito a memorizzare il nome , (purtroppo l'età avanza implacabile!), ma tutte persone simpatiche e impegnate nel sociale.
Un grazie ad Ottavio alla signora Wanda e Alberto ai quali va il merito di aver reso possibile il sogno di " Progetto continenti".
La giornata è trascorsa fra passeggiate nel bellissimo scenario di Collevecchio, dove la luce giocava con le nebbie fra alberi secolari, colline suggestive e pietre ricche di storia di paesini arroccati sulle alture.
Purtroppo è arrivato anche il momento degli addii, troppo in fretta è arrivato!
Ma prima di terminare queste righe sconclusionate, un grazie dal profondo del cuore ad Angela e James che hanno realizzato questo incontro.
Angela è una delle persone più ricche di umanità che abbia mai conosciuto, da lei irradia spiritualità e vita e si capisce che anche nei momenti in cui qualsiasi altra persone penserebbe solo a se stessa, in lei il primo pensiero è sempre per gli altri; scriveva Tagore : "Sparirà con me ciò che trattengo, ma ciò che dono resterà nelle mani di tutti".
Angela trattiene per sè solo il suo dolore che non fa filtrare all' esterno, ma agli altri dona tutto ciò che è ottimismo, spiritualità, umanità e vita, sicuramente tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerla, si sono arricchiti.
Anche Angela ha avuto una grande fortuna: James!
Sono due anime che si completano e si sorreggono, rarissime volte ho visto un legame così saldo e completo, una famiglia arricchita da due bambine deliziose, per me è un onore godere dell' amicizia di due persone così straordinarie e di questo le ringrazio.
Angela, termino con un aforismo di Tagore, che mi auguro possa esserti di conforto:
"La nuvola nasconde le stelle e canta vittoria, ma poi svanisce: le stelle durano".
Angela : Ce la farai!
Un forte abbraccio a tutti voi e grazie della vostra amicizia.

10/12/08

60 anniversario dei diritti dell'uomo



Nel 60° anniversario della "Dichiarazione dei diritti dell'uomo", continuo con la descrizione di come ho conosciuto la guerra nella ex Jugoslavia, con l'augurio che queste atrocità abbiano una fine in ogni angolo del globo e la "Dichiarazione dei diritti dell'uomo" diventi finalmente un obbligo morale per tutti i popoli.

Come ho descritto nel post precedente "profughi", dopo un paio di settimane da quell'esperienza, ritornammo in Jugoslavia per portare un altro carico di viveri e di vestiario che la nostra gente aveva generosamente donato a quelle martoriate popolazioni.

Rispetto al viaggio precedente, era stato deciso questa volta di portare il materiale in una zona della Slavonia, ( in prossimità dei confini ungheresi), dove risiedeva dalla fine del 1800 una comunità di bellunesi, sfuggiti alla miseria e che in quelle terre avevano trovato casa, lavoro e futuro.

Entrammo attraverso il valico di Gorizia , poi ricordo il pranzo a base di panini in uno spiazzo battuto dal vento, col gelo che penetrava nelle ossa e in seguito il proseguimento verso la cittadina di K*** meta del nostro viaggio.

Fino a Zagabria, la situazione era tranquilla poi imboccammo l'autostrada per Belgrado e avanti per un centinaio di Kilometri.

L'autostrada era completamente priva di traffico, ricordo solo di aver incrociato

un paio di colonne di carri armati e ricordo le pompe di trivellazione del petrolio che si stagliavano in uno sfolgorante tramonto.

Arrivati nella cittadina, andammo subito alla canonica per scaricare, secondo le indicazioni avute dalla Caritas che collaborava con noi; la chiesa si trovava sulla sommità di una collina boscosa, dalla quale si godeva di uno splendido panorama sulla pianura circostante.

Lo scarico fu veloce, grazie anche alla presenza di diversi volontari del posto.

La cena ci venne offerta dal parroco, ma fu abbastanza veloce, poiché a notte, doveva celebrare un matrimonio.

Suggestivo l'arrivo degli sposi e degli invitati a bordo di scassatissime auto e quasi tutti gli uomini armati di Kalashnikov, poiché la guerra infuriava a un paio di Km di distanza e sembra che abbastanza spesso, i serbi venissero su per la collina nascosti dai cespugli, almeno così ci venne detto.

Ho un vivido ricordo del matrimonio nella chiesa gelida in quella notte di dicembre, mentre una suora suonava l'armonium e cantava con una voce limpidissima, veramente indimenticabile.





All'uscita dalla chiesa, rimasi stupito nel vedere i fuochi artificiali nella valle sottostante, il primo pensiero fu: Ma questi sono in guerra e hanno tempo per queste cose?

Non tardai a capire che era, invece, un bombardamento e il giorno successivo, visitando l'ospedale, ne avrei visto le conseguenze.

La notte alloggiammo in un albergo pieno di profughi e di militari di ritorno dal fronte che passavano la serata con delle ragazze.

Mi fu assegnata una camera singola, molto gradita perché non riesco a dormire con degli estranei, questa camera puzzava di sigaro, di stantio, sembrava abbandonata da pochi attimi dal precedente inquilino, però almeno le lenzuola sembravano pulite, non le coperte però e ne scontai poi le conseguenze.

La notte la trascorsi insonne, tra continue raffiche di mitra ed esplosioni che si susseguivano nelle vicinanze, mi raccontarono il giorno seguente che le esplosioni erano dovute alle cariche di dinamite che utilizzavano per distruggere le case dei serbi, poi i serbi ricambiavano.

La mattina seguente con altri due compagni, decidemmo di andare nel villaggio abitato dai bellunesi, anche se a K*** ne avevamo incontrato diversi che parlavano ancora un dialetto bellunese arcaico e ci facevano da interprete con le autorità.

Dopo esserci recati alla sede della "Miljicia" che era diventata da poco "Poljicia" (scritta sovrapposta artigianalmente) ed aver avuto assicurazione che la zona era libera da belligeranti , " bonificata la notte precedente", ci dissero, ci autorizzarono a raggiungere la nostra meta, solo con la raccomandazione di non viaggiare a meno di 100 km/h, anzi, possibilmente a velocità superiore, per non essere presi di mira dai cecchini.

Un poliziotto di madrelingua bellunese, si offrì di accompagnarci , perchè stava ritornando a casa da quelle parti.

Attraversammo a gran velocità dei villaggi che sembravano la scena di un film western, una strada polverosa con le casette ai lati chiuse da palizzate dove scorazzavano animali da cortile.






In uno di questi, ricordo un vecchietto che stava lentamente attraversando la strada e al nostro soppraggiungere a forte velocità fece uno scatto degno di un centometrista per mettersi al sicuro.

Moltissime case erano ridotte ad un cumulo di macerie, ( le esplosioni della notte precedente e di molte altre notti), si vedevano molti maiali morti abbandonati e coperti da un velo di brina, carcasse di auto crivellate di colpi o sepolte sotto le rovine, carri armati abbandonati, ogni tanto faceva capolino qualche militare armato fino ai denti, ma nessuno ci importunò.





In un cortile, semidistrutta fra le macerie, vidi una BMW, appartenuta ad un giornalista italiano di cui si parlava molto alla televisione in quei giorni e si vedevano le immagini di questa macchina che riconobbi subito tanto le avevo viste; non ricordo più quale epilogo ebbe la storia del giornalista.




Arrivati nel villaggio dei bellunesi, offrimmo del caffè al capovillaggio, ( là il caffé era introvabile e preziosa merce di scambio), lui ci ricambiò con dello slivovitz eccellente e si offrì di accompagnarci fino a una città dove si era combattuto molto e c'erano state anche molte vittime civili.

Durante il percorso raccontò dei figli che lavoravano in Italia, raccontò dei problemi a salvare il poco che possedevano, insidiato " dai nostri di giorno e dagli altri la notte" disse, raccontò del benessere raggiunto fino a pochi mesi prima e del precipizio in cui erano caduti.

In quella zona i villaggi erano situati nella pianura del fiume Sava e disposti a macchia di leopardo: un villaggio serbo, a poca distanza un villaggio ungherese, poi un villaggio croato e un villaggio musulmano, per secoli erano convissuti in pace, in pochi mesi invece il baratro, disse, però, che l'etnia bellunese andava d'accordo con tutti e non c'erano grandi risentimenti.

In un paesino semidistrutto incontrammo un altro "bellunese" in divisa, seduto accanto ad un carro armato, ( che ci chiese se eravamo in grado di metterlo in moto, poiché l' avevano catturato ai serbi la notte precedente e non lo conoscevano, evidentemente non ci passò nemmeno per l'anticamera del cervello di esaudire la sua richiesta anche se fossimo stati in grado).




Mi accorsi subito che c'era come un'ombra nei confronti del suo paesano e ne ebbi la spiegazione quando raccontò che pochi giorni prima aveva portato per una decina di Km ,sulle spalle, il figlio che era stato ferito in battaglia e ad alta voce perché sentisse il suo paesano disse: "Ora è il momento di restare qua e combattere e non di cercare fortuna in Italia e poi tornare qua a comandare", da questo compresi che le ferite da rimarginare sarebbero state molte e dolorose, perché gli strascichi sarebbero durati per lungo tempo.

Termino con questa considerazione e il seguito in un prossimo post.

03/12/08

gli alberi



Quando, girando per i boschi, passo sotto una pianta secolare, mi fermo e ho la sensazione di qualcosa di misterioso che mi avvolge.


Sotto i vecchi rami, mi sento protetto, e sereno, poi, sento il fluire del tempo che mi attraversa.


Sento che là è rimasta un po' dell' anima di tutti coloro che nel corso dei secoli si sono soffermati all'ombra della pianta e, forse nessuno lo sa, ma la pianta assorbe e imprigiona il tuo stato d'animo, le tue speranze, i tuoi dispiaceri e le tue gioie e senza bisogno di parole.


La pianta maestosa, ha visto nel corso di molti secoli il susseguirsi di eserciti che portavano fame , distruzione e dolore.
Ha visto il ciclico arrivo di epidemie che facevano strage di interi popoli e spesso, queste malattie erano al seguito degli eserciti.


Ha visto il trascorrere di anni buoni e meno buoni , condizioni atmosferiche avverse ed altre positive per i raccolti.


Tra i suoi rami milioni di uccelli si sono posati e hanno nidificato, trillando a tutto spiano all'arrivo di centinaia di primavere rallegrando il viandante.


La pianta trattiene anche il chiasso di molte generazioni di fanciulli che sotto le fronde o arrampicandosi sui rami hanno passato dei momenti felici.


Nell'essenza della pianta, sono rimasti anche i sussurri , i sospiri e i palpiti dei giovani che si affacciavano alla vita adulta e protetti dall'albero si scambiavano le prime tenerezze.


Nella ruvida scorza è rimasto anche il dolore di colui che è dovuto partire per cercare un futuro migliore per la sua famiglia e prima di andare, inconsapevolmente passa per un ultimo saluto all'albero magico; è racchiuso anche il dolore di chi ha perduto una parte della sua anima con la morte di una persona cara e in solitudine si avvicina alla pianta in cerca di conforto e non si rende conto che la pianta sa e capisce e trattiene.


Tutte queste sensazioni le sento sprigionare sotto le fronde dell'albero centenario; e quando una pianta così viene abbattuta, sento che con la sua morte se ne va anche un po' di storia dell'umanità intera e la linfa che continua a scorrere mi rende partecipe dell'essenza dell'albero che se ne va per sempre e con la linfa, anche tutti i dolori e le speranze e i ricordi che erano imprigionati e muoiono definitivamente, dopo decine e decine di anni dalla loro sepoltura, anche le persone che alla pianta avevano aperto il loro cuore.


Dedico queste righe a tutti gli amici che amano e rispettano la natura.

4 dicembre











Domani 4 dicembre,



raggiungo un importante traguardo: sono 63!



In quel pomeriggio di un freddo dicembre, la guerra era finita da 7 mesi; in Italia non c'era ancora la Costituzione, ma vigeva lo Statuto Albertino, regnava ancora il re Vittorio Emanuele III e il governo dimissionario era retto ancora per meno di una settimana da Ferruccio Parri a cui sarebbe seguito il I° governo De Gasperi. Alla radio, ( per la televisione ci sarebbero voluti ancora 9 anni), Nella Colombo cantava: "sola me ne vo per la città - passo tra la gente che non sa..."



In Russia, Giuseppe Stalin era ancora saldamente al potere e, dall'altra parte dell'oceano il presidente era Harry Truman e proprio quel giorno il senato degli Stati Uniti approvava la partecipazione degli USA alle Nazioni Unite, mentre in India il Mahatma Ghandi comunicava a tutti gli uomini il suo messaggio di pace.



In Vaticano il papa Pio XII impartiva teatralmente le sue apostoliche benedizioni alzando lo sguardo ispirato al cielo e allargando le braccia come un Cristo pronto a spiccare il volo e con una voce che ricordo limpida e squillante declamava la formula del rito;





poi le ore si susseguirono copiosamente e:




" Omnia ferunt,ultima necat "

30/11/08

Vajont

Qualche giorno fa sono andato in visita alla tristemente famosa diga del Vajont.
La diga terminata alla fine degli anni 50 al termine dei lavori era considerata la diga più alta del mondo con i suoi 264,60 metri di altezza.



Nella foto sopra, si vede l'ingresso della galleria di servizio, lunga oltre 500 metri.


Nell'immagine sopra, i finestroni all'ingresso della galleria.







In questa immagine, si vede
lo scarico di fondo della diga e
la sommità della diga.








Nella foto : La valle del Vajont dal ponte Tubo.

















Sopra: La diga dal
ponte Tubo, a questo punto
si vedono circa 100 metri di diga, dal ponte alla base della diga c'è ancora un dislivello di circa 160 metri.




La valle del Vajont dal ponte Tubo, la cascata che si vede a destra è lo scarico di fondo della diga.











Il ponte Tubo












La diga vista dal ponte.












All'interno della diga,
il tubo passa sotto la frana e
questo tubo ha una portata di acqua verso la centrale di Soverzene di 50 metri cubi al secondo.





La sommità della diga, le rocce che si vedono dietro,
sono della frana che precipitò
nel lago la sera del 9 ottobre 1963 alle ore 22,39.



Il fronte della frana è lungo circa 2 km; la massa precipitata nel lago alla velocità di circa 90 km/h era di 270 milioni di metri cubi di terra e sollevò sopra la diga un'onda di oltre 100 metri fino alle prime case del paese di Casso, poi l'acqua si infilò nella strettissima valle del Vajont 370 metri più in basso e piombò sul paese di Longarone situato allo sbocco della valle a circa tre km di distanza, in un tempo di circa tre minuti; all'uscita della valle il muro d'acqua era alto circa 70 metri.


L'acqua che trascinava con se fra le altre cose, macigni di diverse tonnellate, terra e tronchi d'albero, era preceduta da un vento furioso.
Le vittime della tragedia sono state stimate in 1910, molti corpi non sono mai stati trovati.





La sommità della diga.
La diga ha retto perfettamente
all'urto dell'acqua e in questa foto si vede che solo una minima parte della corona è
stata asportata.






In questa foto si vede la valle del Vajont e in fondo il
ricostruito paese di Longarone.
Le luci che si vedono a destra
sulla montagna, sono i finestroni della galleria sulla strada che da Longarone percorre la Valcellina verso la pianura friulana.
Un pensiero per tutte quelle vittime, sacrificate dalla cupidigia umana.
PS: Nonostante abbia cercato di documentarmi accuratamente, è possibile che sia incorso in qualche errore; nell'eventualita chiedo di scusarmi.












27/11/08

scolaro


Ho frequentato le scuole elementari in un paesino della montagna veneta.
Il ricordo dei primi due anni di frequentazione è abbastanza labile, (gli anni incidono la memoria), la maestra la ricordo come una persona anziana, un po' altera e severa che non disdegnava di darci qualche botta sulle dita col righello.
Il primo giorno di scuola mi è rimasto abbastanza impresso, perché una bimba, forse intimidita dall'ambiente nuovo e severo, si era fatta la pipì addosso e a causa di questo episodio è stata oggetto per molti anni delle nostre prese in giro.
L'aula era vasta, ma forse le proporzioni variavano rispetto la nostra statura; il riscaldamento era fornito da una stufa di mattoni e per la legna, come ho già scritto in un altro post, a primavera tutti i genitori degli scolari dovevano recarsi nel lotto assegnato dalla guardia comunale, tagliare la legna, normalmente rami di larice e portarla alla scuola coadiuvati dai bambini. Questo era un servizio prestato gratuitamente alla collettività ed aveva anche una valenza pedagogica, poiché già all'età di sei anni, capivamo la necessità di lavorare per il bene comune, era un principio di solidarietà che poi si è perso negli anni successivi quando sopraggiunsero gli anni del boom economico.
In terza elementare cambiai la maestra, anche questa era anziana tanto che agli inizi della carriera scolastica era stata anche l'insegnante di mio zio che ora sarebbe quasi centenario.
Questa maestra stravedeva nei miei confronti, raccontando in più occasioni che ero stato il più intelligente che aveva avuto come allievo nella sua carriera, non vedo i motivi di questa considerazione, a parte un tema lunghissimo di una ventina di pagine, per il resto sono sempre stato nella media e anche con una resa bassa.
Forse l'episodio che l'aveva colpita particolarmente, è riferito ad una poesia intitolata: "la fragola", ignoro il nome dell'autore, ricordo un verso che faceva riferimento ai "colli pistoiesi", la maestra voleva che si sostituisse il termine "pistoiesi" con un termine più attinente ai nostri luoghi e che conservasse la rima, mentre tutta la classe ponzava, a me era venuta immediatamente la sostituzione di "pistoiesi" con "bellunesi", ma mi sembrava troppo facile e poi volevo comprendesse tutte le Alpi e trasformai "pistoiesi" in "alpinesi" anche se sapevo che non era corretto, ma l'insegnante non fu di questo parere e fu così che probabilmente raggiunsi alti picchi, immeritati, nella sua considerazione.
Il maestro di IV e poi di V era un personaggio particolare, lo ricordo con i baffetti e la capigliatura alla Hitler, magro, zoppo causa poliomelite e costretto ad appoggiarsi ad un bastone che mai usò come minaccia nei nostri confronti, anche se qualche volta l'avremmo meritato.
La malattia avuta da bambino, probabilmente fu per lui una fortuna, perchè ebbe l'occasione di studiare e poi la garanzia di un posto di lavoro di gran prestigio come insegnante, mentre il futuro di tutti i suoi coetanei era molto più duro, già all'età di otto anni erano costretti a partire a primavera per lavorare come seggiolai ambulanti, dormire su di un carretto nella paglia, solo quando erano fortunati, trovavano qualche anima buona che consentiva loro di dormire nei fienili e poi umiliazioni, fame, nostalgia, però sempre di grande dignità ed onestà nonostante la miseria.
Di queste persone, penso che troverò modo di scrivere.
Ritornando al maestro direi che era un grande affabulatore, anche se qualche caduta culturale si verificava ad esempio le piramidi d'Egitto secondo lui erano: di Cheope, di Chefrem e di Chisimaio, solo anni dopo ho scoperto che Kisimajo non era il nome di una piramide, ma era una città della Somalia, invece la piramide era di Mikerinos e l'altra di Kefren e non di Chefrem, ma la parola del maestro a quei tempi era verità assoluta.
Il suo pezzo forte era il racconto dei "Miserabili" di Victor Hugo, anche se spesso non ricordava più il nome del protagonista e allora gli dava un nome di fantasia.
In rare occasioni, arrivava a scuola dopo qualche bicchiere di troppo, e quel giorno era una tragedia, seduto impalato sulla sedia, non proferiva parola e non ammetteva che da parte nostra ci fosse il minimo rumore, ogni tanto qualcuno si metteva a ridacchiare allora smorzava il malcapitato con un perentorio : "giovanotto!" oppure "signorina!" e poi silenzio assoluto.
Negli altri giorni , invece , ogni tanto interrompeva lo studio per raccontarci le sue avventure giovanili, in particolare le montagne che ci circondavano erano state traforate durante le due guerre con gallerie scavate a difesa di eventuali invasioni nemiche, ( poi quando nel 1917 veramente accade, non servirono a niente e nemmeno quelle scavate dai tedeschi nella seconda guerra).
La seconda guerra mondiale era terminata da pochi anni ai tempi della nostra frequentazione scolastica ed era ancora viva nei ricordi di coloro che avevano qualche anno più di noi.
In queste gallerie, secondo il racconto del maestro, si trovavano ancora dei grossi depositi di armi e materiale bellico; e sempre secondo il suo racconto, alcune di queste gallerie erano allagate ed il maestro le esplorava a cavalcioni di tronco d'albero, nel buio assoluto rotto al massimo da una candela o un ramo resinoso acceso , mentre lui in questo labirinto si muoveva come nel cortile di casa sua con indomito coraggio, mai abbiamo pensato che con la sua infermità non era in grado nemmeno di salire il campanile della chiesa, ma chi poteva dubitare della parola del maestro?
Queste gallerie le ho esplorate in questi ultimi tre anni con un gruppo di amici con i quali è in corso una ricerca storica e non abbiamo mai dovuto cavalcare tronchi per attaversare tratti allagati, ma c'erano tante curve e tante scalinate, qualche rarissima voragine e molte dolorose zuccate contro le roccie, certo non usavamo candele e nemmeno torce a resina, in ogni caso in molti punti ci sono delle correnti d'aria così forti che non consentirebbero candele accese.
Di quelli anni di scuola ricordo bene, la camicia di cotone nero con l'indicazione della classe frequentata scritta in numeri romani con delle fetuccine bianche cucite sulla manica sinistra come i gradi dei militari, ricordo i banchi di legno a due posti, con i calamai per l'inchiostro e gli intagli di molte annate di scolari a cui contribuimmo anche noi, di nascosto, usando i temperini.
L'odore dei libri nuovi, i quaderni con le copertine nere e le tabelline sulla penultima pagina, lo stridere del gesso sulla lavagna, le macchie d'inchiostro e i pennini che avevano la cattiva abitudine di "sforcellarsi" si diceva in dialetto, ciè divaricarsi e scrivere male, la carta assorbente, poi il formaggio giallo della refezione tolto da barattoli con la scritta: "Dono del Popolo Americano degli Stati Uniti", le cartelle erano costituite da una scatola di cartone robusto di colore tra il giallastro e il mattone, munite di due cerniera per aprire la parte superiore da cui si estraevano i quaderni ed i libri, una cinghia per portarle a tracolla e in un triangolo la scritta "pura fibra" e le liti furibonde con i compagni per rivendicare di possedere la cartella di miglior qualità: "perché la mia è pura fibra" si diceva, invece erano tutte uguali, nuove all'inizio dell'anno e poi alla prima neve servivano egregiamente da surrogato allo slittino, anche se si sfasciavano presto e poi a casa sberle!
Qualche famiglia non poteva permettersi neppure la cartella di cartone e in tal caso, veniva sostituita da una borsa di stoffa con tracolla, cucita dalla madre, recuperando, normalmente, il fustagno di un paio di pantaloni vecchi e sbrindellati.
Ricordo gli sguardi furtivi dalle finestre, quando alla fine di novembre i prati erano imbiancati dalla prima neve e si pregustavano le uscite pomeridiane con la slitta, le prime discese folli dai pendii innevati, le prime di una lunga stagione invernale quando la neve cadeva in abbondanza.
Alla fine di tutta la storia, credo che la formazione scolastica, sia stata buona
e ci sia servita da trampolino per un futuro migliore di quello che era toccato ai nostri genitori.

24/11/08

Donna



...la perfezione delle tue braccia
aggiungerebbe gloria allo splendore
d'un re, con la loro carezza,
ma tu le usi per spazzare la polvere
e pulire la tua umile casa,
e perciò sono pieno di stupore.

(Rabindranath Tagore da" il giardiniere")


Dedicato a tutte le donne



22/11/08

Bosco



Vorrei donare agli amici
il profumo del bosco;
assaporare un sorso di pura e fresca acqua di sorgente ,





ammirare la crescita dei funghi e riempire i polmoni e lo spirito con la fragranza della resina e dell'humus del sottobosco,





ascoltare il gorgoglio dell'acqua che scorre limpida, mentre dagli alberi si ode il trillare di una moltitudine di uccellini.

e, alla fine, giungere alla minuscola baita proprio mentre cominciano a cadere i primi grossi goccioloni del temporale, pregustando uno scoppiettante fuocherello acceso, soli e sereni con i propri pensieri.

17/11/08

I VINCITORI


Pur vivendo in una cittadina di provincia, ho avuto la fortuna di conoscere molte persone straordinarie e di molte ho pure avuto l'onore di una salda amicizia.
Vorrei soffermarmi su un episodio che ha per protagonista un comandante partigiano.
Era una persona modesta, ma di forte carisma e nonostante l'età di un'acutezza straordinaria nel capire prima degli altri quale era la strada da seguire.
Iscritto al partito comunista fin da ragazzo e quando gli chiesi come mai lui, cresciuto in uno sperduto paese di montagna, potesse essere di fede comunista negli anni 30 in piena era fascista, lui mi raccontò che nel primo decennio del 1900 era arrivata nel paese una nobildonna russa (era Angelica Balabanov, esiliata dallo zar per le sue idee rivoluzionarie); questa nobildonna radunò attorno a sé le ragazzine del paese dando loro istruzione in quegli anni che l'analfabetismo era la norma.
Fra queste ragazzine c'era pure la madre del mio amico e fu così che lui assorbì le idee rivoluzionarie dalla mamma.
Fondatore nel settembre 1943 del primo gruppo di partigiani della provincia di Belluno, venne arrestato nel novembre del 43 ed imprigionato nel carcere di Belluno.
La provincia di Belluno era stata annessa al III Reich nella regione Alpenvorland alle dirette dipendenze di un Gauleiter, pertanto al posto dei fascisti, erano subentrati i tedeschi ( i fascisti avevano un ruolo molto marginale).
Nella primavera del 1944, molti erano i partigiani imprigionati nel carcere di Belluno e oltre il mio amico, anche il comandante militare delle brigate partigiane era stato catturato.
I partigiani decisero di liberarli con un audace colpo di mano.
La sera del 15 giugno 1944 una trentina di uomini scortati da partigiani travestiti da tedeschi fra cui spiccavano dei partigiani russi alti e biondi come i crucchi,
si avvicinarono al carcere e giunti davanti al portone intimarono ai carabinieri di aprire, questi aprirono convinti che i tedeschi avessero portato dei prigionieri catturati e, invece,si trovarono davanti alle armi spianate dei partigiani.
Dopo aver isolato le comunicazioni del carcere vennero liberati settantatre detenuti fra cui alcuni condannati a morte.
Quell'episodio rimase nella storia, noto come "La beffa di Baldenich" dal nome del carcere.
Ritornato a combattere fra i monti, si trovò al centro di un episodio che vide l'eccido di un gruppo di fascisti.
I partigiani si erano trovati ad affrontare un attacco tedesco che riuscirono a respingere, catturando una cinquantina di fascisti in divisa SS e qualche tedesco.
Le trattative fatte col comando tedesco per uno scambio di prigionieri si risolsero solamente con la liberazione dei tedeschi, quanto ai loro collaboratori fascisti in divisa SS, i tedeschi risposero che non gli interessavano e i partigiani ne facessero quello che volevano.
Il comando partigiano decise per l'eliminazione dei fascisti poiché non potevano gestirli in quel momento cruciale della guerra e liberarli significava ritrovarseli ancora davanti come era già accaduto altre volte in passato quando i partigiani, non potendo metterli in carcere, avevano liberato delle spie catturate e queste erano ritornate subito sul posto guidando le SS per la rappresaglia con conseguente morte o tortura di partigiani e incendi di case e brutali uccisioni di civili.
Al mio amico, venne dato il comando della triste operazione, della quale si assunse pubblicamente ogni responsabilità, purtroppo questa era la guerra e certi episodi che oggi possono essere discutibili in quel periodo erano visti con l'ottica della sopravvivenza: "o me o te!"
Una mattina incontrai in piazza il mio amico che era sempre contento d'incontrarmi ed accettò volentieri il mio invito per un aperitivo, anch'io lo vedevo sempre con grande piacere, perché avevo sempre molto da imparare da una persona di grande carisma.
Seduti al tavolino di un bar (era l'estate del 1994), nella piazza dove ai lampioni erano stati impiccati quattro partigiani nel marzo del 1945 per una rappresaglia tedesca, parlando del più e del meno, il discorso cadde sui seguaci di Mussolini che erano tornati al potere dopo cinquant'anni col I° governo Berlusconi, e lui mi raccontò un episodio accaduto sul finire della guerra; dunque, stava ritornando a casa nel paese dove abitava, come mezzo di trasporto, stava utilizzando una scassatissima bicicletta con i copertoni quasi inesisteneti tanto erano logori.
Giunto all'inizio di una ripida discesa in prossimità della villa dove un paio di anni prima c'era stato un convegno fra Hitler e Mussolini, scoppiò con un gran botto un copertone della bicicletta ed immediatamente si materializzarono i miliziani che facevano la guardia alla villa dove in quel momento si trovavano ospiti alti rappresentanti della repubblica di Salò.
Immediatamente il mio amico venne fermato e portato alla villa; lui, mi raccontò, che era vestito come si usava allora con i pantaloni alla zuava, larghissimi ed allacciati sotto le ginocchia con un grande sbuffo all'altezza di queste.
All'interno di questi sbuffi aveva introdotto un grande quantitativo di ciclostilati della Resistenza, che stava portando al paese per la distribuzione.
I miliziani lo portarono subito di fronte a quello che lui definì: "il più grande caporione della milizia", questi cominciò ad interrogarlo chiedendogli chi fosse e il mio amico gli rispose che era un soldato in convalescenza, rimpatriato per ferite dall'Albania.
Il gerarca capì immediatamente di essere di fronte ad un partigiano ed allora cavò il portafogli dalla tasca, e da questi estrasse un foglio che fece vedere al mio amico: era la ricevuta di un versamento fatto alla Resistenza di Venezia.
Il mio amico mestamente disse: "Io in guerra ho dovuto uccidere delle persone, perché la scelta era uccidere o essere uccisi, ma in quel momento ho capito che quelli che avevo ucciso erano solo dei poveri disgraziati come me, mentre i caporioni che li mandavano a morire, sarebbero sempre ritornati e ora sono ancora quà".
Alla fine della guerra divenne funzionario prima del PCI e successivamente della CGIL; significativo un episodio che lo riguarda come funzionario del partito; come resposabile della comissione quadri gli venne chiesto da Roma di esprimere un giudizio su se stesso e su gli altri funzionari, di se scrisse:" Sarto, volenteroso, molto attaccato al Partito; carattere un po' chiuso. Ha un complesso d'inferiorità. Poche possibilità di sviluppo".
Alla CGIL fu un maestro eccezionale ricordo in una occasione che parlando di contrattazione diceva con la sua voce roca: "Quando vai ad una trattativa, devi prendere il padrone per il collo e stringere, stringere, ma non fino a strangolarlo, altrimenti con chi chiudi il contratto?"
L'ultimo incontro che ebbi con lui, fu quando casualmente salì in treno con un gruppo di amici e vedendomi, venne a sedere accanto a me, era appena appena euforico poiché mi raccontò di essere di ritorno da un pranzo fatto con i suoi collaboratori e in quell' occasione mi fece un bilancio della sua vita, raccontandomi dei sacrifici che la sua famiglia era stata costretta a subire causa le ristrettezze economiche in cui era sempre vissuto, ma per una causa giusta e mi raccontò che non aveva mai visto tanti soldi come da quando percepiva la pensione, che finalmente si sentiva ricco e mi disse la cifra della pensione, io me ne stetti zitto perché la mia retribuzione era quasi tre volte la sua pensione ed il mio benessere era dovuto ai sacrifici e all'abnegazione di gente come lui che per la causa era stato pronto a dare la vita e pensai che a me non era mai capitato di essere costretto a togliere la vita nemmeno ad un pollo.
Pochi mesi dopo quest'incontro, un'infarto se lo portò via, privandomi dell' amicizia di una persona straordinaria che aveva fatto la storia del XX° secolo e anche forgiato la nostra Libertà.

PS: Quanto riportato in questo scritto è solo frutto dei miei ricordi, se si riscontra qualche imprecisione, questa è dovuta al passare degli anni e alla labilità della mia memoria; grazie per la comprensione.

14/11/08

Pensiero


Non concepire più nessun dio e non concepirai l'inferno.

(Friedrich Durrematt- la valle del caos)

13/11/08

(anni cinquanta el toti)



Questa è una storia un po' cruda, ma quanto descritto, purtroppo, è veramente successo nella prima metà degli anni 50.



Un mio amico e coetaneo, all'età di circa sei anni, durante l'estate, si trovava con i familiari per la fienagione in una radura spersa fra i boschi; la fatalità volle che il poveretto fosse punto da una vespa o un calabrone sul glande del pisellino e tale puntura, gli causò la chiusura del canale uretrale.



Il piccino non venne portato dal medico, probabilmente a causa della mancanza di denaro per pagare il professionista, ma da una signora che risolse il problema con un ago arroventato, praticando un forellino a fianco dell'ostruzione.



Fu così che, da allora, il fanciullo per l'operazione di liberare la vescica impiegava una decina di minuti .



Abitavamo in un paese di alta montagna e in quegli anni la neve ci visitava frequentemente; il mio amico era il primo che andava alla messa mattutina e le tracce del suo passaggio spiccavano sulla neve fresca in una lunga e sottile linea gialla in quelle ore antelucane nel paese deserto e addormentato con una misera lampadina dalla luce molto fioca ogni centinaio metri per l'illuminazione, poi col passare degli anni, le tracce non portavano più verso la chiesa, ma si perdevano nei dintorni delle osterie, dove lui annegava la solitudine, infine giunto alla mezza età, la cirrosi gli regalò la pace.



Ora, quando ritorno al paese, passo a fare il giro del cimitero per un ricordo dei molti che mi hanno preceduto e ogni volta rivedo il sorriso ,un po' triste, del mio sfortunato amico.



Ancora non riesco a capacitarmi di quanto fosse dura la vita in montagna e come imperasse la miseria fino agli anni sessanta, quando, finalmente, con il boom economico il benessere arrivò anche lassù.

12/11/08

Monte Civetta






Dedico queste immagini del Monte Civetta in veste autunnale agli amici della natura e della montagna
Con l'augurio di poter frequentare questi bellissimi posti, nella prima foto :"la torre Trieste", nella seconda " ritorno degli escursionisti tra i faggi" , sotto il "monte Civetta dalla Val Corpassa"





















10/11/08

La politica



E' opinione comune che la politica sia una cosa sporca,
ma a renderla tale sono solo gli uomini che non seguono le regole della morale.

Da un pensiero del Dalai Lama.



Qualche anno fa, eravamo noi elettori a decidere, e purtroppo, troppo spesso, non bene,chi dovevano essere i nostri rappresentanti, ora la "casta" si è arrogata il diritto di scegliere direttamente lei chi deve rappresentarci e, troppo spesso, personaggi servi della casta stessa, per i quali le regole morali sono solo una variabile.
Ci vorrebbe uno scatto d'orgoglio da parte degli onesti per reintrodurre il voto di preferenza col quale, almeno, potremmo fare una certa selezione e premiare qualche persona limpida che consideri la politica solo come un servizio a favore della collettività.
Avanti uomini di buona volontà, facciamo udire la nostra voce e non omologhiamoci agli "appecoronati".

08/11/08

Il villaggio




Questo è il villaggio della mia fanciullezza, sperso fra i boschi. La foto è stata scattata con teleobiettivo che appiattisce le immagini


Leggendo il blog di Marina,"inezie essenziali" mi sono tornate alla mente le scandole.
Le scandole sono delle assicelle di legno di larice larghe una ventina di centimetri per circa un metro di lunghezza e venivano utilizzate per la copertura dei tetti in montagna.
Fra i ricordi nostalgici della mia fanciullezza, uno dei più vividi riguarda i temporali estivi, particolarmente forti nelle ore pomeridiane del mese di giugno, quando usciva dall'inferno la madre di san Pietro, che, secondo le storie che i vecchi mi raccontavano, era una donna malvagia e per questo motivo era finita all'inferno, però in prossimità della festività dei santi Pietro e Paolo riusciva a fuggire, ma quando veniva ricacciata nelle fiamme eterne si ribellava scatenando furiosi temporali.
Durante questi temporali mi piaceva rifugiarmi nel fienile dove era stato accumulato il primo taglio della fienagione ed era una delizia scavare un foro nel fieno ed infilarsi per un sonnellino pomeridiano, anche perché col temporale non c'era la possibilità di giocare all'esterno e non c'era la TV.
Il fieno, che fermentava, emanava dei profumi incredibili, profumo di sole, di fiori, di prati, ma anche di tante fatiche e privazioni e anche serenità.
Allora, nel mio buco avvolto nel fieno , guardavo il tetto coperto di scandole e sentivo la pioggia scrosciante, mentre i tuoni si susseguivano fortissimi facendo vibrare le assi delle pareti ed i lampi si insinuavano fra le fessure a volte accecanti quando la saetta era caduta su qualche abete vicino, però in quel posto mi sentivo protetto ed al sicuro senza nessuna paura.
Altri momenti che ricordo con nostalgia, erano le serate d'inverno, quando per risparmiare la legna si passavano le serate nelle stalle, dove il riscaldamento era garantito dall'alito umido delle mucche e dal fieno che fermentava.
Ricordo la luce di una nuda lampadina da tre candele coperta dalle cacche delle mosche che emanava una luce fioca e giallastra e quando veniva accesa qualche altra lampadina un attrezzo chiamato limitatore (dei consumi), faceva lampeggiare le lampade finché una non veniva spenta.
Nella stalla c'era un odore particolare di fieno, di lettiera, di alito delle vacche, ma non era fastidioso, forse perché faceva parte della nostra vita.
Radunarsi nelle stalle era detto in dialetto: "fare filò" e raramente ricordo ci fossero degli uomini, normalmente erano le donne e qualche bambino; le donne lavoravano a maglia e passavano la serata raccontando gli ultimi petegolezzi della vita in paese, ma il pezzo forte della serata erano le storie macabre.
Queste storie raccontavano di morti ed era credenza comune che quando qualcuno veniva a mancare, pochi momenti prima del decesso, ci fosse un segnale costituito da qualche rumore inspiegabile, una signora raccontava di un giovane figlio deceduto cadendo da un tetto distante dalla casa della madre e questa signora si trovava in camera sua quando udì il rumore di una biglia che correva sopra l'armadio e lo schiocco della biglia caduta sul pavimento, ma per quante ricerche avesse fatto anche in seguito, della biglia non v'era traccia, poi arrivò qualcuno a dirle che il figlio era morto.
In altri casi raccontavano di rumori forti senza alcuna spiegazione, salvo, poi arrivare la notizia di qualche decesso di persone care e distanti.
Altri racconti, che poi ci procuravano degli incubi, parlavano di fantasmi.
Una di queste storie sentita ripetutamente da mia madre, si riferiva al racconto di suo fratello più anziano di lei di una quindicina di anni. Una notte, mentre dopo diversi mesi di lavoro all'estero tornava a casa nel villaggio di una decina di abitazioni in una radura isolata in mezzo ai boschi ed ai torrenti, dunque mentre, percorreva il lungo sentiero nel bosco, in prossimità di una grande quercia, incontrò una signora anziana di un villaggio distante con la quale scambiò poche frasi, perché la signora aveva premura.
Il giorno seguente raccontò l'episodio a mia nonna, meravigliato del fatto che questa signora si trovasse in piena notte così distante da casa sua e mia nonna lo interruppe dicendo che questa signora era morta da diversi mesi mentre lo zio era all'estero, il mistero si infittì quando mio zio raccontò ai familiari della defunta dell'incontro e di come era vestita narrando dei particolari dell'abbigliamento, i parenti riconobbero che la donna, così era stata abbigliata per l'ultimo viaggio.
In seguito a questo racconto da ragazzo, quando mi capitava di passare vicino a quella quercia al buio, allungavo il passo, ma non incontrai mai nessuno.
Questi racconti ci facevano correre i brividi lungo la schiena, mentre le mucche si giravano a guardarci con i loro grandi occhi umidi e miti e quando si giravano si sentiva il rumore della catena che scorreva nel foro della greppia e il rumore caratteristico che producevano ruminando.
Altro momento interessante era quando, frequentemente, le donne toccavano argomenti inerenti al sesso e si arrampicavano sugli specchi alludendo in maniera che i bambini non capissero di cosa si trattava, ma noi tendevamo le orecchie perché sapevamo fin troppo bene a cosa alludevano.
Poi, con il passare degli anni le stalle si sono svuotate, i fienili non sono più ricoperti dalle scandole, ma o coperti da lamiere ormai arruginite, oppure sono diventati seconde case abitate un paio di settimane ad agosto e nel villaggio della mia infanzia, per gran parte dell'anno girano solo le volpi, i cervi, i caprioli e in questi ultimi anni anche i cinghiali, ma raramente gli uomini, solo i ricordi e le fatiche di chi non c'è più rimangono e anche il vento è più triste.

05/11/08

Welcome to Obama

Esortazione a Obama




Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l'ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là ove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul viso di chi non ha mai pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell'animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà e donala a chi non sa donare.
Scopri l'amore,
e fallo conoscere al mondo.

Questa esortazione del Mahatma Gandhi , trascritta nel mio quaderno diversi anni orsono,oggi, sia un auspicio per il lavoro di Barack Obama, nell'interesse degli ultimi.


03/11/08

Un attimo di riflessione


Propongo un minuto di riflessione :

Da "La strage delle illusioni" di Giacomo Leopardi:

L' uomo per natura è libero e uguale a qualunque altro della sua specie, ma nello stato di società non è così.

Le caste, il razzismo, la schiavitù, il bisogno, la mancanza di solidarietà, l'ignoranza e poi ancora e ancora....tutte negatività che servono a differenziare e penalizzare maggiormente i deboli e gli indifesi.

29/10/08

Selvaggi?


Sperando di non ledere diritti d'autore, mi sembra importante portare alla conoscenza
di più amici possibile queste sagge parole (trovate tempo fa nel Web) attribuite al capo Tecumseh della tribù Shaunee vissuto dal 1768 al 1813.
Credo che dei pensieri così profondi, facciano giustizia di quanto ci si è fatto credere con migliaia di film nei quali i Nativi Americani venivano raffigurati come dei selvaggi sanguinari e crudeli pronti a scalpare, torturare atrocemente e sterminare i poveri coloni bianchi colpevoli solamente di voler portare la civiltà e la vera religione a quei poveri selvaggi.


RISVEGLIO
Quando al mattino ti svegli, ringrazia il tuo dio, per la luce dell'aurora, per la vita che ti ha dato e la forza che ritrovi nel tuo corpo.

Ringrazia il tuo dio anche per il cibo che ti dà e per la gioia di essere in vita.
Se non trovi il motivo di elevare una preghiera di ringraziamento, allora vuol dire che sei in errore.

CANZONE DI MORTE
Vivi la tua vita in maniera tale che la paura della morte non possa entrare nel tuo cuore.

Non attaccare nessuno per la sua religione; rispetta le idee degli altri e chiedi che essi rispettino le tue.

Ama la tua vita, migliora la tua vita, abbellisci le cose che essa ti da.

Cerca di vivere a lungo e di avere come scopo quello di servire il tuo popolo.

Prepara una nobile canzone di morte per il giorno in cui ti incamminerai verso la grande separazione.

Rivolgi sempre una parola od un saluto quando incontri un amico, anche se straniero, in un posto solitario.

Mostra rispetto per tutte le persone e non umiliarti davanti a nessuno.

Quando ti svegli al mattino, ringrazia per il cibo e per la gioia della vita.
Se non trovi nessun motivo per ringraziare, la colpa giace solo in te stesso

Non abusare di niente e di nessuno, per farlo cambia le cose sagge in quelle sciocche e priva lo spirito delle sue visioni.

Quando arriverà il tuo momento di morire, non essere come quelli i cui cuori sono pieni di paura e quando arriverà il loro momento esse piangeranno e pregheranno per avere un altro poco tempo per vivere la loro vita in maniera diversa.
Canta la tua canzone della morte e muori come un eroe che sta tornando alla casa.

26/10/08

Circo Massimo 25 ottobre 2008


Sabato 25 ottobre Roma
Io c'ero!Forse non ero troppo convinto, perché strategia del PD in questi ultimi mesi non è che mi avesse entusiasmato troppo!
Il venerdì pomeriggio, la telefonata di un amico che mi offriva un passaggio in auto fino alla stazione di Mestre, mi convinceva a partire, anche perchè dagli anni 80 e delle prime marce per la pace, la mia presenza, convinta, c'era sempre stata e non volevo mancare per la prima volta.
Fortunatamente la notte in treno non fu particolarmente faticosa e riuscii perfino a pisolare un paio d'ore.
La mattinata trascorsa assieme ad un simpatico gruppetto di amici per la visita, sempre molto gradita, della Capitale e dei suoi monumenti impregnati di storia e pure, (purtroppo), del sangue e dei sacrifici di milioni di sconosciuti che grande hanno fatto la storia di questo Paese.
Poi, nel primo pomeriggio, il corteo per il Circo Massimo fra lo sventolare di centinaia di migliaia di bandiere e la soddisfazione dipinta sui volti di milioni di persone da cui si capiva che dicevano: Eccoci e ora contateci!
Un mio pensiero nostalgico al tempo in cui le bandiere che sventolavano erano rosse e, allora, il futuro mi sembrava meno fosco di oggi e anche l'orizzonte mi sembrava più luminoso, allora per consolarmi alzavo più in alto la mia bandiera della pace (una delle rare presenti); indi, al Circo Massimo a sentire una coinvolgente serie di interventi su parte degli innumerevoli problemi che affliggono il Paese, infine il ritratto finale dipinto da Veltroni molto esauriente, anche se, a mio modo di vedere, qualche punto importante non veniva nemmeno sfiorato, come i rapporti e l'ingerenza del Vaticano nella politica e altri problemi di carattere etico.
Alla fine, sotto un cielo plumbeo e strinato dai lampi, il ritorno alla stazione Tiburtina per un frettoloso panino ed il lungo viaggio verso il nord, allietato dalla lunga sosta supplementare per il recupero dell'ora solare e , finalmente, l'arrivo a casa alle prime luci dell'alba, stanco dopo due notti consecutive di treno e un' intensa giornata trascorsa macinando chilometri a piedi, ma con la soddisfazione di non essere mancato nemmeno questa volta fra i due milioni di persone che erano presenti per condividere la speranza di un futuro più sereno.

24/10/08

IPOTESI


Per dare un modesto contributo ai problemi che in questi giorni sono d’attualità, pubblico queste chiaroveggenti parole di Pietro Calamandrei.


Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa deve fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, a impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. E allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa la scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi, ve l' ho già detto: rovinare le scuole di stato, lasciare che vadano in malora, impoverire i loro bilanci, ignorare i loro bisogni; attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private, non controllarne la serietà, lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare, lasciare che gli esami siano burlette; dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico. –

Piero Calamandrei ( pubblicato nella rivista Scuola Democratica, 20 marzo 1950)

19/10/08

ANSIA


A chi va bene questa Italia di gente rassegnata ,dove ci è stato tolto il diritto di scegliere i nostri rappresentanti nel Parlamento, ma ci vengono riproposti sempre gli stessi nomi in liste bloccate.

Vota la lista che ritieni meno peggio e vengono eletti i primi nomi presenti sulla lista stessa, è assolutamente indispensabile che gli eletti siano funzionali alle esigenze della casta che in tal modo si perpetua e, normalmente, solo il limite biologico pone termine alla rielezione dei soliti noti.

Avete mai sentito protestare per questa mancanza di democrazia?

Io ho sentito ripetutamente alti rappresentanti dello schieramento che, in teoria, mi rappresenta (male), dire che questa è la democrazia (democrazia non Democrazia), perché così i costi della campagna elettorale sono ridotti, altrimenti sarebbero eletti solo coloro che dispongono di molti quattrini; evidentemente è irrilevante che la Democrazia sia altra cosa, importante garantirsi l'elezione sicura senza sbattersi troppo; irrilevante che ci sia una rappresentanza territoriale scelta dagli elettori, importante è che siano sempre garantiti interessi particolari di qualche persona o ente.

In questi ultimi anni sembra che la frontiera del benessere sia rappresentata dal "federalismo", purtroppo nella mia stupidità, non sono riuscito a capire cosa mi venga in tasca, poiché da quando ci sono le Regioni, mi sembra che il debito pubblico, (che grava sul groppone di categorie ben individuate che pagano le tasse), sia aumentato in maniera astronomica e, agli inizi del 2008 era pari a

27.046,55 Euro per ogni italiano, lattanti compresi.

Allora a che sono servite le Regioni se non a moltiplicare per 20 le strutture burocratiche e politiche senza che ci siano tangibili benefici per i cittadini; gli stessi servizi offerti dalla Regioni, erano forniti dallo Stato a tutta la popolazione e, mi sembra, con criteri più uniformi.

Un piccolo esempio: una quindicina di anni fa, in caso di bisogno si poteva ricorrere al servizio sanitario nazionale in qualsiasi angolo d'Italia, ci si poteva ricoverare nell'ospedale che meglio rispondeva alle proprie esigenze ed una ricetta era valida in qualsiasi farmacia della Repubblica, ora mi sembra che il territorio sia ancor più frazionato di quanto lo fosse nel Medio Evo, con un formicaio di feudatari che impongono disposizioni, regole, limitazioni, divieti e chi più ne ha più ne metta, spesso contrastanti con quelli del territorio contermine, per non parlare della fantasia che usano per spremere fino all' ultima goccia ed anche oltre, il contribuente, con autovelox piazzati sull'unico tratto di strada dove è possibile il sorpasso, là il genio creativo del valvassino, (a volte moralmente disonesto), di turno pone un cartello assurdo di limite di velocità, basta ci sia un'abitazione magari disabitata da decenni e diventa centro abitato, poi il disgraziato che passa paga!

Non parliamo poi dei semafori truffa di cui sono piene le cronache, l' importante è che entrino quattrini.

Purtroppo, quello che mi meraviglia è la rassegnazione che pervade l'Italia, nessuno che protesta, nessuno che si ribella, tutti accettiamo questo stato di cose e lassù più di qualcuno, si frega le mani soddisfatto di poter intrallazzare alla grande senza contrapposizione alcuna.

C'è forse qualcuno che condivide queste mie riflessioni e magari possieda qualche ricetta per uscire da questa melma?


14/10/08

anziani e saggezza


Un giorno, visitando una casa di riposo assieme alla mia compagna, ci fermammo a scambiare due chiacchiere con un gruppetto di nonnine sedute su una panchina.

Fra le altre cose, mia moglie pensò di chiedere alle vecchine notizie riguardo la loro salute, immediatamente un coro di risposte da parte delle anziane che fecero a gara nel raccontare i loro malanni ed ognuna era più malmessa ( a sentir lei) e prendeva più farmaci delle vicine, e giù una caterva di guai, dal diabete alle artrosi, dal cuore malandato al mal di schiena ,eccetera ,eccetera...

Solo una signora, la più anziana di tutte, se ne stava zitta e, quando tutte le altre ebbero finito di elencare malanni, mia moglie chiese alla vecchina: "E lei signora come sta?"

La signora rispose che anche lei aveva i suoi malanni, ma senza specificare quali.

Mia moglie sollecita: "Ma va dal medico a farsi controllare?"

La risposta dell'anziana fu: "Io dal dottore non ci vado, perché se vado a lamentarmi che non riesco a dormire causa dolori alla schiena, il medico mi trova altre dieci malattie che neanche sapevo esistessero e alla fine ritorno a casa ancora col mio mal di schiena più dieci malattie nuove , allora è meglio che mi tengo solo le mie di malattie senza cercarne altre di nuove dal medico".


Come darle torto?

Quante volte anche a noi è successo di andare dal medico per qualcosa di banale, invece comincia una serie infinita di visite, analisi, esami e alla fine non cambia nulla?