27/05/09

la soldanella


Soldanella (primulacee)


All'ombra della chiesetta sul Passo Falzarego (quota 2117 m/slm), in provincia di Belluno, ho trovato un gruppo di questi stupendi fiorellini, fra i miei preferiti.

Chiesetta Passo Falzarego (2.117 m/slm)
sullo sfondo il " Sass de Stria"



La "soldanella", appartiene alla famiglia delle "primulacee";
fiorisce sui pascoli alpini intrisi di acqua, non appena la neve si ritira.
E' diffusa sui Pirenei, sulle Alpi fino ai Balcani, poi su tutti gli Appennini fino alla Calabria.
Normalmente cresce fra i 1.000 e i 2.600 m/slm, però è possibile trovarla anche a quote superiori.
I fiori, in numero variabile da uno a quattro, sbocciano su un gambo rossastro ed sono di colore azzurro-violaceo, le corolle sono deliziosamente frangiate e le fogli, di forma rotondeggiante, sono basali.

Ogni fiore è un' anima
che sboccia nella natura.
(Gérard de Nerval)

21/05/09

Narciso

Ho avuto il piacere di godere sulle Prealpi Venete di una splendida fioritura di narcisi.
Il Narciso, " Narcissus poeticus" della famiglia delle Amaryllydaceae, fiorisce a maggio sulle prealpi dalla Liguria al Veneto, e lungo l' Appennino in quasi tutta l' Italia.
Pianticella bulbosa alta da venti a cinquanta centimetri nelle praterie montane ad altitudine fra i 600 ed i 2200 metri, il nome deriva dal greco "narkào" e significa: "stordisco", a causa del profumo intenso ed inebriante di alcune specie di questi fiori.
Nel linguaggio dei fiori, questa pianta significa autostima,vanità ed incapacità di amare.

Narcissus poeticus

prato di narcisi

Baita a Pian di Coltura

fioritura

Nelle Metamorfosi, Ovidio narra di Narciso che fu condannato ad amare solo la sua immagine, quando morì tragicamente, al suo posto, trovarono la pianta di Narciso.
In Cina il narciso viene donato a Capodanno come augurio di prosperità e di felicità.
Con dedica particolare ad Angela, perchè presto si ristabilisca e possa godere la fioritura dei narcisi tra le Prealpi, passeggiando
senza più pensare alla chemio, ma solo alla bellezza della Natura.

15/05/09

Gitani


Qualche anno fa, passai le vacanze estive in una cittadina della Costa Dorada.
La Spagna mi ha sempre affascinato per la grande vitalità di quel popolo, per la fierezza e la gioia di vivere.
Altri aspetti, come la corrida, non li approvo anche se fanno parte della loro tradizione, purtroppo devo confessare che in quella vacanza in Plaza de toros a Barcellona ci sono andato anch'io.
Forse in quell'epoca il mio spirito animalista non era abbastanza affinato, inoltre ero un lettore affezionato di Ernest Hemingway e col senno di poi da Hemingway ero stato fuorviato, sarà stato sicuramente un grande scrittore, ma il suo modello di vita, a mio parere, non deve essere d'esempio.
Dopo aver visto umiliare, seviziare e uccidere sei tori, è per me motivo di vergogna aver assistito alla corrida.
Di fronte all' albergo in cui alloggiavo in quella cittadina della Costa Dorada,c'era uno dei tanti locali tipici spagnoli in cui si ballava il flamenco gestito da una gitana di nome Paquita, ci sono entrato la prima sera del soggiorno spagnolo assieme ad un amico che faceva parte del mio gruppo turistico.
Questo amico di nome A***, era in Spagna assieme alla figlia di dieci anni per un periodo di riflessione, in quanto il suo legame matrimoniale era traballante, poi A*** lo rividi qualche anno dopo alla televisione nel programma di Raiuno "10 anni della nostra vita" dove parlava proprio del suo matrimonio.
A*** era un giovane molto esuberante, che spargeva simpatia a prima vista, sempre sorridente e con un che di zingaresco nell'aspetto.
Allora, entrati in questo locale per gustare una sangria, A*** calamitò immediatamente l'attenzione, e data l'ora pomeridiana, non c'erano altri avventori nel locale così fu l'inizio di un' amicizia con Paquita e le tre ballerine di flamenco e, da quella sera, "da Paquita" divenne una tappa obbligatoria.
Il nostro tavolo accanto al palco era sempre riservato per noi e le ragazze, negli intervalli sedevano vicino a noi, ormai considerati amici.
E galeotto fu il locale e chi lo frequentò, tanto che scoccò la scintilla fra A*** e Juanita, una prosperosa ragazza gitana, dai lunghi capelli neri ondulati e dallo sguardo infuocato.
In questo legame si delineò un ostacolo rappresentato da un terzo incomodo, che era il fidanzato di Juanita destinato a lei dal suo clan fin dalla nascita, ci raccontò Juanita.
Questo ragazzo entrava nel locale tutte le sere verso mezzanotte accompagnato da un paio di amici, ma non sussistevano dubbi su chi fosse il leader del gruppetto.
Era, questo ragazzo, magro come un chiodo i folti capelli ondulati e di un nero acceso, le basette lunghe, lo sguardo altero e penetrante, sempre vestito di nero come certi pistoleros nei film western, un personaggio che intimidiva solo se ti sfiorava con lo sguardo, inoltre anche i suoi amici erano inqietanti.
Juanita ci raccontò la storia del suo fidanzamento, ma ci raccontò anche che il ragazzo era un "maricon"; ignoro se il termine maricon sia considerato offensivo, ma si capisce bene cosa significa quando anche il maricon s'innamorò di A***, e comiciò ad esserci tensione fra Juanita e il ragazzo con forte disagio da parte di A*** cui il maricon non interessava per niente.
Una sera dopo cena, io ed A*** entrammo in un bar sul lungomare per il caffé ed all'estremità del lungo bancone scorgemmo, nella penombra del locale, la presenza del maricon con i suoi amici, il maricon cominciò a fissare con insistenza A***; mentre noi consumavamo il caffé velocemente per allontanarci in fretta, entrò Juanita che venne a sedersi al nostro fianco con un gesto di sfida nei confronti dei maricones e cominciò un acceso diverbio fra i due fidanzati ufficiali, fatto di insulti, lui che rimproverava Juanita urlandole: "tu es sangre del my sangre" e lei che replicava: "tu es maricon", in mezzo noi due molto, molto a disagio.
Alla fine i maricones uscirono, noi accompagnammo Juanita al locale dove ballava e ritenemmo opportuno terminare la serata nel nostro albergo.
La mattina dopo, A*** mi raggiunse in spiaggia, raccontandomi che percorrendo la strada dall' albergo al mare, scorse il maricon solo ed appoggiato all' angolo di una casa, mi raccontò del brivido che gli percorse la schiena quando passò avanti al nero figuro e disse di aver già sentito la lama di un coltello infilarsi in profondità fra le costole, nulla accadde, ma per tutto il percorso sentì lo sguardo ustionante del maricon penetrargli nella schiena altrettanto bruciante della lama del coltello.
Fu la fine di un amore con la bella gitana, perché A*** non frequentò più il bar "da Paquita", io continuavo ad andarci tutte le sere con la mia famiglia, ( mio figlio, che all'epoca aveva una decina d'anni, aveva eroicamente cercato qualche sera di resistere al sonno per vedere i maricones, ma il sonno aveva sempre vinto).
Alla fine della vacanza, l'utima sera, passai per salutare, ma il locale era chiuso.
Quando dall'interno mi videro, aprirono la porta per farmi entrare, poiché avevano chiuso per festeggiare il compleanno di Juanita ed io ero gradito ospite. Ebbi così l'occasione di passare una serata in allegria assieme a tutti i gitani ( il maricon non c'era) e per me fu un grandissimo onore come unico non gitano presente.
Ho spesso pensato a Juanita e ancora oggi, quando vedo ballare il flamenco, guardo sempre le ballerine sperando di scorgere Juanita, che riconoscerei ancora fra mille senza alcun dubbio.

13/05/09

Restiamo Umani

A tutti i dirigenti della Sinistra Italiana

Un secondo barcone di sventurati è stato respinto e ricondotto in Libia. Quanti erano? Non è importante. 100,… 20… ,…1, non ha importanza. sono stati violati dei diritti e a violarli è stato il governo del nostro paese. Questi diritti violati costeranno a povera gente che sfuggiva a guerre massacri e fame in alcuni casi tortura e morte. Ho fatto una carellata veloce e più o meno tutti i dirigenti della sinistra , con toni più o meno diversi, hanno parlato, scritto, condannato.Non Basta!!! A fronte di questa infamia c’è un’esigenza precisa, ineludibile, che la sinistra dia una risposta unica e compatta antirazzista . Non possono esserci distinguo e non può essere una campagna elettorale che spegne il nostro sdegno

Chiedo che questo appello venga raccolto e si concretizzi nel giro di poco tempo nella risposta della Sinistra italiana contro al razzismo, contro l’intolleranza e per ristabilire i diritti di asilo e di accoglienza.

PS. Chi condivide questa richiesta copi e incolli sul proprio blog il post senza aggiungere o togliere nulla. E’una richiesta minima ma di enorme significato. Facciamoci sentire tutti insieme in un’unica manifestazione o in cento città contemporaneamente.
Loris

Da Repubblica - (Audio) il dramma dalle carceri libiche

Da Repubblica - testimone nigeriano

Dall'Unità - Le leggi razziali ci sono gia

Dall'Unità - Berlusconi : no all'italia multietnica

Da La Stampa - La Cei: l'Italia è già multietnica

07/05/09

boschi e leggende


Fino alla metà del secolo scorso, buona parte dell'economia delle famiglie del mio paese, derivava dalle mucche che fornivano latte, formaggio, burro e carne.
Durante l' inverno, le mucche stavano nelle stalle situate di norma accanto alle abitazioni e venivano alimentate col fieno ricavato durante le stagione estiva.
Ogni metro quadro di prato veniva falciato fino a molta distanza dalle abitazioni, come ho già descritto nel post FIENAGIONE.
Durante il periodo che andava dalla metà di giugno alla metà di settembre, le vacche venivano mandate a monticare nelle malghe in alto sulle montagne, ma nel tal caso, alle famiglie proprietarie di bovini, veniva a mancare il latte con i suoi sottoprodotti e si trattava di una grossa perdita economica nelle famiglie che non navigavano nell' abbondanza, allora per sopperire alla malga, utilizzavano delle stalle chiamate "casei" disseminate nelle radure dei boschi.
Il "casel" era una rudimentale costruzione di un vano costruita su una base quadra di un muro di sassi non legati da malta che fungeva da stalla, mentre la parte superiore in tronchi ed assi con il tetto di scandole, era il fienile.
Attorno al "casel" un prato.
Quando la stalla era di due vani, si chiamava "casera" ed il secondo vano era fornito di focolare e tavolo, sopra il fienile era più spazioso e ci stava pure un letto con il materasso imbottito di fieno oppure delle foglie secche che avvolgevano le pannocchie di granoturco chiamate "foiole".
La casera veniva usata come abitazione per accudire le vacche, durante la fienagione, oppure quando si tagliava la legna nei boschi vicini.
La mattina all'alba, bisognava mungere le mucche, poi venivano affidate ai ragazzi dai dieci ai quattordici anni che le portavano a pascolare nelle radure fra i boschi,
mentre gli adulti provvedevano al taglio del fieno attorno alla casera.
A sera rientrava il bestiame per la seconda mungitura, i ragazzi e gli adulti ritornavano in paese e nelle casera rimaneva a dormire qualcuno, di solito una donna, che la mattina all'alba, provvedeva alle incombenze della mungitura.
Le casere non erano fornite di corrente elettrica, per l'illuminazione si sopperiva con candele, (molto pericolose a causa del legno e del fieno presenti in abbondanza), lampade a petrolio oppure ad acetilene, molto più sicure delle candele, perché la fiamma era protetta e la base di appoggio più stabile.
La donna che rimaneva nella casera, consumava una modesta cena, di solito una minestra, o una scodella di latte con una fetta di polenta fredda avanzata a mezzogiorno, poi le rimaneva qualche momento di riposo, da trascorrere con i suoi pensieri e una preghiera, seduta sulla panca all'esterno, assaporando gli odori intensi che impregnavano l'aria.
Odore caldo delle vacche, odore di fumo del ceppo che ardeva nel focolare, odore penetrante del fieno in fermentazione, odore della terra del vicino bosco odore, della resina delle piante, odore di fatiche, mentre il profilo delle montagne di fronte, si perdeva nel blu cobalto del cielo.
Arrivava presto il momento di sdraiarsi sul letto nel buio e nell'assenza dei rumori tipici di una casa.
Spesso il riposo era agitato dai ricordi di tutti i racconti che fin dall' infanzia si erano sentiti ripetute volte, racconti che parlavano di streghe, di folletti, di dannati, di spiriti.
Allora il silenzio che sembrava totale, si animava di rumori, lo schiocco di un ramo secco che si spezzava, il tonfo di un ramo che cadeva al suolo, lo scricchiolio delle piante sotto la torsione di un refolo di vento o il sibilare del vento che si infilava fra le fessure, oppure qualche animale.
Ricordo il racconto di una mia prozia che era rimasta sconvolta dalla "catha salvarega", letteralmente la caccia selvaggia, si narrava che le anime dannate dei cacciatori che la domenica, anziché andare alla messa, andavano a caccia, poi venivano condannati ad essere perennemente inseguiti per i boschi da una muta di cani inferociti che latravano ed abbaiavano e ringhiavano, la zia Marietta era rimasta terrorizzata, anche se una volta mi aveva confessato che forse si trattava di volpi innamorate e quella era sicuramente la realtà.
Poi c'era il "Matharol" un folletto vestito di rosso che girava incessantemente per i boschi ed era molto dispettoso nei confronti degli uomini.
Si diceva che il "Matharol" rapiva i bimbi, li portava nel bosco, li rimpinzava di frutti di bosco, di polenta intinta nel latte oppure di croste di polenta, poi, dopo un paio di giorni i bambini erano rimandati a casa.
Bisognava stare molto attenti nei boschi, perché mettere un piede sull'impronta del "Matharol" significava perdere la cognizione del tempo e dello spazio; quando qualcuno nella vita era molto sfortunato, si diceva. " el à balegà sulla peca del Matharol", cioè: ha calpestato l' impronta del Matharol, e da qui la sfortuna l'avrebbe perseguitato per sempre.
Il Matharol faceva poi altri dispetti, come mungere la mucche di nascosto, poi la mattina non davano più latte, oppure era malizioso con le ragazze, si trasformava in un gomitolo di lana pregiata, la fanciulla che lo trovava lo poneva nell' ampia camicia allora il Matharol saltava dalla scollatura canzonando la fanciulla: "Ti ho toccato le tettine, ti ho toccato le tettine..."
Un altro personaggio che girava per i boschi, era " el om salvarech"


l'uomo selvatico, questo cercava di evitare gli uomini, era vestito di licopodio, una specie di muschio , però si narra che una volta durante un furioso temporale si riparò in una casera e vedendo che mungendo le vacche, non riuscivano a togliere le impurità che cadevano nel latte, così per riconoscenza insegnò agli uomini primitivi a filtrare il latte usando un filtro della particolare erba di cui era vestito.
Ancora ai nostri giorni, si usa ricordare " el om salvarech", con una persona vestita di licopodio , con una pianta di betulla per bastone.





Un pericolo, ma solo per gli uomini era il "Martorel", una specie di lupo che di notte aggrediva gli uomini e li rapinava, così quando l' uomo arrivava a casa sconvolto e senza soldi, con la scusa di aver incontrato "il Martorel" giustificava il fatto di aver scialato i pochi soldi in bicchieri di vino all' osteria, però provvidenziale questo Martorel, arrivava sempre nel momento giusto!
C' erano poi la streghe che di notte ballavano nelle radure e se qualche malcapitato le scorgeva, poi lo rapivano e non tornava più, si racconta di un boscaiolo che dopo aver assistito ad una danza delle streghe, era stato scorto da una strega bellissima che voleva portarlo via, ma il boscaiolo furbo, le disse; Vengo volentieri con te, ma prima devo finire di aprire questo tronco, se mi aiuti, facciamo presto, tu devi mettere le mani nella fessura e divaricare mentre io metto un altro cuneo.
La strega prontamente mise le mani nella fessura, allora il boscaiolo con un colpo bene assestato fece volare il cuneo che teneva aperto il tronco, la fessura si richiuse imprigionando dolorosamente le mani della strega che urlando dal dolore si trasformò in una vecchia laida, però il boscaiolo riuscì a scappare scendendo a valle e mettendosi in salvo.
Poi c' erano molti altri racconti, anche molto macabri che tornavano alla memoria e nella solitudine della casera il sonno si popolava di incubi, fortuna che le notti estive erano molto corte ed in breve ritornava la luce e le vacche cominciavano a muggire perché era già l' ora della mungitura.

05/05/09

poesia

Una serata con la poesia di Daniele Verzetti,
il Rockpoeta





SABATO 9 MAGGIO 2009
ALLE ORE 18,30
IN VIA BERCHET, 2
AUDITORIUM MONDADORI MULTICENTER

UNA SERATA CON LE POESIE DI DANIELE,
POESIE INTENSE, DI FORTE CONTENUTO
UMANO E SOCIALE.



03/05/09

sorriso



...sorriso d' aurora,
sorriso di fiore
si spande per il giardino.


Il mio cuore
s' innalza in cielo
vuole fiorire come l' aurora.

(Rabindranath Tagore)