25/02/09

la verità


Durante la visita in un monastero in Giappone, un visitatore straniero venne accompagnato da un monaco a visitare il giardino Zen del monastero.

Mentre il visitatore incantato ammirava la perfezione dei ruscelli attraversati da ponticelli arcuati, le curatissime piante e una serie di grosse pietre disposte apparentemente a caso.

Il monaco chiese allo straniero:

Quante pietre riesci a contare nel giardino?

Quattordici rispose il visitatore.

In realtà le pietre sono quindici ribadì il monaco, ma da qualsiasi parte del giardino tu guardi, riuscirai a contarne solo quattordici, perchè una sarà sempre nascosta dalle altre, e così è anche per la verità, aggiunse il religioso, della quale mai riuscirai ad avere una visione totale, ma una parte ti sarà sempre celata, mentre un' altra persona,da un'altra angolazione, potrà vedere quella parte di verità che tu non scorgi, ma non potrà mai avere la tua stessa visione.


La verità è raramente pura e mai semplice.

(Oscar Wilde)

22/02/09

vince la vita


...c'era una nube ch'io mirai a lungo:
bianchissima nell'alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.
(Bertold Brecht)



è ancora inverno, ma già crescono i funghi





a primavera cominciano i primi corteggiamenti


il calabrone cerca il polline e sparge la vita, è l' estate


e alla fine VINCE la VITA

una dedica particolare a tutte le amiche e gli amici che stanno attraversando un momento difficile, con l'augurio che il momento difficile sia breve, poi la vita vince sempre.

la nuvola nasconde le stelle e canta vittoria,

ma poi svanisce: le stelle durano.

(Rabindranath Tagore)

20/02/09

5) frammenti di vita e di morte




Nel mio paese, quando moriva qualcuno, era tradizione partecipare alla veglia funebre.
Normalmente la sera del decesso il corpo del o della defunta veniva sistemato sul letto, coperto da un lenzuolo e la gente del posto andava a porgere l'ultimo saluto.
Di solito la camera adibita allo scopo era la "stua" , cioè la camera che nei freddi mesi invernali serviva da soggiorno e da camera da letto per la persona di maggior rispetto in famiglia, tale camera era riscaldata da una particolare stufa chiamata "fornel", che acceso garantiva molte ore di caldo.
Nella "stua" veniva allestito un tavolino con delle candele accese, una scodella che conteneva acqua santa e un rametto di ulivo che intinto nell'acqua serviva per benedire la salma.
La sera, dopo aver adempiuto ai lavori domestici e aver accudito il bestiame, la gente del paese si riuniva in questa camera e recitava il rosario.









Era tradizione che per tutta la veglia funebre e finché non si sentivano le campane della chiesa suonare la fine delle celebrazioni religiose e la sepoltura, nella casa il fuoco doveva sempre rimanere acceso, ignoro i motivi di questa tradizione, anche se sono intuibili e probabilmente provvengono da tradizioni ancestrali.
Veniva recitato il rosario intercalato dai "requem" il testo in latino recitava:
Réquiem ætérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen.
Ma veniva biascicato in dialetto con queste parole:
Rechia meterna donais domine, et luss perpetua lùciatèi, rechiascante in paceamen.
C'è da sperare che il destinatario di queste orazioni, valutasse le buone intenzioni, accreditandole comunque al defunto.
Al calare della notte, la maggior parte delle persone, (quasi tutte donne), ritornava a casa, perchè all'alba bisognava ricominciare il lavoro usuale nelle stalle.
A vegliare la salma rimanevano poche persone per tutta la notte, il numero dei rosari diminuiva, si sentiva il sospiro di qualche anziana che mormorava: Eeeh povera Maria è qua lei , ( o Antonia, o Nena, o Gisa, o...), era così buona e adesso se n'è andata.
Altra vecchierella: Eeeh si, poveretta ! Era proprio tanto buona...
e la terza comare: Eh si , però mi ricordo quella volta che...
E allora, cominciava il rosario delle maldicenze e dei pettegolezzi nei confronti della defunta, fintanto che qualcuna si rendeva conto della situazione e riprendeva con: "Nel primo mistero doloroso si contempla..." e le "rechie meterna".
Questo fino al prossimo: Eeeh povera Maria...

13/02/09

Molto mi piace la lieta stagion

Molto mi piace la lieta stagion di primavera
che fa spuntare foglie e fiori ...
(Bertran de Born)

BUCANEVE (galanthus nivalis)

Quando erba nuova e nuova foglia nasce

e sbocciano i fiori sul ramo

(Bernart de Ventadorn)


Fiori maschili di nocciolo

...tutti color dei fior

giano


primula (primula vulgaris)

e vermiglio

anemone (pulsatilla vulgaris)



Ai primi tepori del sole, escono le api.


Questi son luoghi solitari e quieti

(Bernardo Cappello)


La voragine sotto il ponte della Mortìs

ai confini del

"Parco Dolomiti Bellunesi"

Con particolare dedica a tutti

gli amici che vivono in città,

con minori opportunità

di assistere alla meraviglia

del risveglio della natura

in montagna.









11/02/09

Omaggio a Neruda


Grazie a questi stupendi versi di Pablo Neruda "Ode al cane", posso rendere omaggio ad un amico fedele, scomparso nel nulla



Il cane mi domanda e non rispondo ...





...i suoi occhi sono due richieste affettuose,

due fiamme liquide che non interrogano...





in campo aperto andiamo uomo e cane


salta,corre pei campi e mi domanda senza parlare



è la freschezza affettuosa,
la comunicazione del suo affetto...

Omaggio a Neruda autore dei versi;il cane si chiamava Brick, amico indimenticabile di tante escursioni.


10/02/09

ciao Eluana


Un albero sotto i raggi del sole, un sasso segnato dalle intemperie, un animale, una montagna: tutti hanno una vita, una storia, vivono, soffrono, affrontano i pericoli, godono, muoiono. Ma non sappiamo il perchè.

(Hermann Hesse)



Ciao Eluana

e poi silenzio...

08/02/09

...quando cade la tristezza....

...quando cade la tristezza in fondo al cuore
come la neve non fa rumore...
(Lucio Battisti)
(Per vedere i particolari, cliccare sulle foto)

Su queste lande innevate.

(Chosui)

Il cielo invernale di piombo

si perde dentro le tenebre

(Li Po)

Neve limpida

passerella di silenzio

(Yuko)

Dormono le cime dei monti

(Alcmane)

E alla fine dell'anno

il tempo della grande neve

(Po Chu)

Dedicato agli amici che amano i silenzi

06/02/09

Lavoro estivo




Quando frequentavo la scuola, durante le vacanze estive, per racimolare qualche soldo per pagare i libri, per un paio di estati, sono andato a lavorare in una colonìa del Demanio dello Stato.
Erano altri anni, perché non ricordo di aver mai trovato nessun documento della Previdenza Sociale relativo a quei mesi di lavoro, non so come venissero valutati ai fini previdenziali, sul mio libretto di lavoro non risultano, pertanto credo si trattasse di lavoro nero e il datore di lavoro era lo Stato; decisamente altri anni.
La prima volta si era trattato della raccolta del fieno in una fattoria tra le montagne, partivo da casa all'alba, circa cinque km a piedi fino alla fermata del pullman verso le sette arrivavo alla fattoria.
Non era un lavoro particolarmente pesante, poiché il grosso del lavoro consisteva nel
girare l'erba per seccarla bene, poi caricare il fieno sul trattore, la fattoria era all'avanguardia , all'epoca, come meccanizzazione.
L'estate successiva invece con diversi altri studenti, siamo stati impiegati dalla Guardia Forestale per fare delle piantagioni in alta montagna.


Il gruppo dei Monti del sole; a destra parte il sentiero che porta fino al picco al centro della foto, il pianoro avanti al picco è il sito dove si scavavano le buche, la costa del monte in secondo piano è il posto dove è avvenuto l'incontro con la biscia gigante.

Bisognava essere al punto di ritrovo alle sette di mattina, poi almeno un'ora di camminata (retribuita) per arrivare sul posto di lavoro in una zona che ancora al giorno d'oggi è rimasta selvaggia.
Era un sito dove abbondavano le vipere, difficilmente passava una giornata senza scorgerne nessuna.
Noi dovevamo scavare delle buche nel terreno sassoso, per mettere a dimora gli abeti.
Eravamo una quindicina di ragazzi giovani ed esuberanti, ci divertivamo come matti, ma il lavoro prodotto era scarso.
La quota pro capite di buche da scavare era di cinquanta , in teoria,eravamo controllati da una guardia forestale, per ogni buca completata si doveva urlare il numero perché l'agente della forestale sapesse quante ne avevamo ultimate, pertanto si urlava: uno, due, tre,sette, otto, quattordici, quindici, ventinove , in pratica dopo una quindicina di buche scavate, avevamo già chiamato tutti i numeri fino a cinquanta e la giornata di lavoro era finita, veramente qualche volta il forestale contestava il numero, ma un po' di contrattazione aggiustava tutto e contrattando si consentiva agli amici di sballare la loro numerazione distraendo il funzionario.
Un episodio mi è rimasto impresso: c'era un anziano agente della guardia forestale che da una vita girava a controllare le montagne nei posti più impervi, sempre assieme al suo cane lupo; erano tutti e due di pelo rossiccio, il cane era un cacciatore acerrimo di vipere; durante la fienagione se era nelle vicinanze e vedeva qualcuno battere il rastrello per terra, arrivava come una saetta, perché sapeva che c'era una vipera e l'ho visto azzanarne parecchie, qualche volta era lui la vittima del rettile, ma se veniva morso, sonnecchiava un paio di giorni poi vispo come prima.
Dunque quel giorno arrivarono tutti e due dove stavamo lavorando, il forestale era molto agitato e stava male tanto da vomitare, era sconvolto, perchè lungo il sentiero per arrivare da noi, aveva scorto un serpente di dimensioni enormi e benché fosse sempre armato il terrore l' aveva colto quando aveva visto il cane scappare uggiolando, e lui dietro in preda al panico.
Rimase con noi fino al termine della nostra giornata, da solo non aveva più il coraggio di tornare.
Al nostro ritorno ci siamo fermati dove lui asseriva di aver visto la biscia mostruosa, però noi non abbiamo visto niente, neanche i giorni successivi, conoscendo l'agente della forestale come uno che frequentava da anni le montagne più selvagge e con una profonda conoscenza delle stesse, cosa potesse aver visto resta un mistero, ma sicuramente qualcosa di terrificante aveva visto.


Periodicamente la cronaca narra di qualche incontro con serpenti di grosse dimensioni, generalmente nel greto dei fiumi; di solito sono pitoni oppure boa che qualche emigrante porta da paesi esotici come souvenir e quando raggiungono dimensioni considerevoli se ne libera con scarso senso civico, difficilmente questi animali tropicali sopravvivono ai rigori dell'inverno a condizione che non riescano a trovare qualche tana riscaldata, magari dove passano tubi di acqua calda, come è realmente accaduto qualche anno fa.
A distanza di decenni non mi è mai giunta voce, che nel sito dove Mosè aveva visto il rettile gigante, qualcuno avesse visto qualcosa di simile, ma sono montagne pochissimo frequentate, aspre, selvagge e di scarso interesse panoramico.
Si chiamano Monti del sole.

03/02/09

Il cinema Z********




Nei paesi di montagna non erano molti i diversivi che rompevano la monotonia del tran tran quotidiano.


Nei miei ricordi c'è stato un circo molti anni fa e fece scalpore un episodio, il circo era un minicirco a conduzione familiare , forse c'erano un paio di scimmie e un serpente, probabilmente un pitone che in quella trasferta, ebbe la malaugurata idea di morire di freddo e ancora molti anni dopo si rammentava questo episodio.


Ricordo anche una serata di teatro con una compagnia di guitti e poco altro, anche perchè di soldi ne circolavano veramente pochi in quegli anni di ricostruzione dopo la guerra.


Un momento importante fu quando arrivò il cinema.


Era una struttura di lamiera con un telone per copertura e quando pioveva bisognava aprire gli ombrelli per ripararsi, le panche erano di legno e prima di sedersi bisognava fare attenzione che le galline allevate dal proprietario del cinema non avessero lasciato qualche ricordino sulle panche.


La pellicole proiettate erano degli anni trenta; il cinema Z*** venne in paese due volte nel periodo primavera- estate a metà degli anni cinquanta, le pellicole erano sempre le stesse, i titoli famosi erano: "Scarpe al sole", un film sulla prima guerra mondiale girato nelle nostre zone, poi" santa Genoveffa" e "Cielo sulla palude"
un film su santa Maria Goretti che in quegli anni venne santificata da Pio XII°, per adulti era il film "La mummia" con Boris Karloff,


la cui visione era interdetta ai bambini, perché ritenuta troppo terrificante, però ricordo che dopo aver assistito alla proiezione, anche qualche adulto ammetteva di aver avuto paura a ritornare a casa, ( in quegli anni non c'era illuminazione nel paese).




Quando veniva proiettato qualche film edificante tipo "santa Genoveffa" o "Cielo sulla palude", il signor Z*** lo riferiva al vecchio parroco , il quale, durante la predica domenicale, lo comunicava ai fedeli.


La capienza del capannone credo fosse sul centinaio di persone: ricordo che il biglietto d'ingresso costava trenta lire , che difficilmente noi bambini avevamo.


Durante la proiezione, frequenti erano le interruzioni causate dalla rottura della pellicola, tutti i film erano in bianco e nero.


Alla fine del film principale, il signor Z*** entrava nel cinema, saliva in piedi su una panca delle prime file e rivolto al pubblico magnificava le trama del prossimo film che avrebbe proiettato, anche se tutti la conoscevano per aver già visto il film almeno due volte.


Mi sembra ancora di averlo davanti agli occhi il signor Z***, era bene in carne e portava i pantaloni sostenuti dalle bretelle, i pantaloni gli arrivavano al petto e dietro avevano un intaglio a V.


Quando aveva finito la presentazione concludeva declamando: " seguirà ora una camica di Ridolini" e la "camica" era la parte più interessante per i ragazzi.


Il signor Z*** era molto ingegnoso, ricordo che costruiva artigianalmente delle macchinette dove introducendo dieci lire e girando una manovella si poteva vedere qualche secondo di proiezione e con qualche diva dell'epoca un po' discinta, credo che questa sua abilità fosse un dono di famiglia , poiché ai nostri giorni i familiari producono e vendono attrazioni per luna park a livello mondiale.


Mi è rimasto un bellissimo ricordo del cinema Z******, che in quegli anni di povertà, ci ha regalato dei momenti felici.